Cashmere, il “vecchio” simbolo del lusso sempre più accessibile
Tutto sulla fibra tessile naturale tra le più pregiate per morbidezza, leggerezza e capacità di isolamento termico(Ansa)
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Una volta era “da signori” e distingueva le classi sociali: c’era chi lo indossava e chi lo sognava soltanto, chi nel guardaroba aveva il cappotto, le giacche e i maglioni con diversi pesi e numero di fili e chi ne chiedeva uno a Babbo Natale. Ma oggi è tutto cambiato e pur restando per eccellenza il filato più pregiato, confortevole e morbido, si è trasformato in un bene alla portata di tutti.
Parliamo del cashmire (kashmir o cachemere è lo stesso) e della sua diffusione ovunque a costi molto contenuti e decisamente lontani dalle cifre iperboliche di un tempo (sebbene di minore qualità).
Il cashmire è una fibra tessile naturale, tra le più pregiate nel mondo della moda per la morbidezza, la leggerezza, la capacità di isolamento termico. Una delle credenze più comuni è che provenga dalle pecore, ma non è così: deriva dal sottopelo delle capre hircus originarie dell'Asia Centrale e di alcune regioni dell'Himalaya. Il nome deriva dalla regione storica del Kashmir, attualmente divisa tra India, Pakistan e Cina, da dove si esportò la fibra verso l'Europa sin dall'inizio del 1800.
Molti credono erroneamente che sia solo un tipo di lana, ma in realtà ci sono differenze significative tra i due filati. La lana, che proviene dalla tosatura delle pecore, è costituita da fibre di cheratina che si trovano sia nella parte esterna che interna del pelo della pecora. Notoriamente resistente, è adatta a una vasta gamma di utilizzi, dall'abbigliamento all'arredamento. Tuttavia, le fibre di lana tendono ad essere più spesse e possono risultare ruvide o pruriginose per alcune persone. Il cashmere invece è un filato naturale che proviene dalla peluria del sottomantello delle capre hircus, chiamata duvet, raccolta per essere trasformata in un filato tessile attraverso una pettinatura manuale durante la stagione della muta, tipicamente a fine inverno e inizio della primavera. Le fibre di cashmere sono sottili, lisce e incredibilmente calde. Una combinazione di qualità che lo rende un materiale ideale per abbigliamento di lusso come maglioni, sciarpe e coperte.
Oggi si possono acquistare maglie in cashmere rigenerato o realizzate con una miscela di filati naturali che non contengono cashmere al 100%, ma che comunque offrono le sue caratteristiche distintive permettendo di godere di tutti i suoi benefici. Dunque una vasta gamma sul mercato che corrisponde anche ai diversi costi: dalle molte centinaia di euro dell'alta qualità 100% cashmere alle poche decine di euro se la percentuale è nettamente inferiore e magari mescolata con altre fibre, da qui l'accessibilità nella consapevolezza ovviamente dell'ampia differenza del tessuto.
Si stima che la produzione media annua mondiale di cashmere si aggira intorno ai 5 milioni di chili e la Cina è il primo produttore al mondo (dal 60% al 90% della produzione mondiale in base all’andamento stagionale), seguita da Mongolia, Afghanistan, Iran, India, Pakistan. Nonostante la produzione della fibra avvenga praticamente tutta in Asia, il continente europeo ne importa l’80% delle produzioni e l’Italia da sola rappresenta il 60% dell’import mondiale per approvvigionare le filiera della moda, eccellenza delle produzioni Made in Italy.
I costi: la produzione si aggira in media tra 100 e 200 grammi di pelo fine per ogni animale adulto, quantitativi decisamente modesti, che rendono questa fibra, oltre che estremamente sottile, anche così rara e costosa. Inoltre per fare una maglia, essendo il filato di cashmere sottilissimo, è necessaria una lunghezza di circa 6,5 chili di filo, fornito mediamente dalla produzione di tre capre hircus.
L’Italia è il principale Paese europeo per la lavorazione del cashmere, non solo nella fabbricazione di prodotti finiti di maglieria, ma anche per le attività di filatura.
(Unioneonline)
