E così se n’è andato Gene Hackman, non è chiarissimo come ma avrebbe meritato di meglio. Già i primissimi che hanno rovistato nei suoi giganteschi 95 anni per scrivere i coccodrilli online hanno trovato subito quei due pizzichi di aneddotica che in queste occasioni ci stanno sempre bene: l’ultimo posto in classifica alla scuola di recitazione ex aequo con Dustin Hoffmann, l’epitaffio meravigliosamente umile che immaginava per sé: “Uno che ci ha provato”.

Gli dobbiamo molto, ma prima di tutto un sorriso. Non il nostro, quello si dice quando se ne va un comico: gli siamo debitori del sorriso suo. Con una dotazione di denti e labbra nella norma riusciva a fare miracoli di espressività, e da un’inquadratura all’altra diventava l’amico spiccio e bonario che tutti vorremmo avere accanto e poi il nemico malvagio che nessuno vorrebbe trovarsi di fronte. Il tutto con un sommovimento millimetrico di lineamenti in una faccia complessivamente facciosa, non certo da apollo hollywoodiano. Roba umana, insomma, eppure se uno di noi provasse a rifare quel sorriso i commensali penserebbero che gli sta venendo un’ischemia. E poi sapeva portare la cuffia di lana e il porky pie, che non è mica da tutti. Uno che ci ha provato e caspita se ci è riuscito. Thanks.

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