Un dolce dolore
Caffè Scorretto
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Q uella d’oggi è l’Italia della terza età. Ogni anno il divario fra le morti e le nascite aumenta. Tra poco più di un decennio il numero dei lavoratori sarà superato da quello dei pensionati. Si andrà in quiescenza a 70 anni. Sarà un male necessario per evitare un tracollo delle casse pubbliche dello Stato. La terza età incomincerà più tardi e sfumerà rapidamente nella quarta. L’anzianità sarà più breve, la vecchiaia più lunga. Da una notizia di cronaca scaturisce una domanda: ma quand’è che si diventa vecchi? Si diventa vecchi quando l’anzianità, con i suoi sussulti di appannato vigore, comincia a avvertire una certa sazietà di vita. Quando ti accorgi che non sei più attore ma spettatore. Quando il mondo intorno a te si restringe e nella tua dotazione di amici e affetti le assenze hanno superato le presenze. Quando dall’azione passi alla contemplazione della vita. Non solo quella che ti scorre davanti, ma anche quella del tuo passato, di un mondo che credevi di avere dimenticato; invece l’avevi soltanto accantonato, e ora sotto forma di nostalgia ritorna. La nostalgia è fascinosa, è un dolore dolce che mentre fa male lenisce. A evocarla basta una fotografia in bianco e nero: immagini di persone che si animano, ti parlano, raccontano. Sei colto da stupore. Come quello che ti assale quando vai in pensione saltando l’anzianità. E entri direttamente nella vecchiaia.
