I eri il Corriere.it annunciava: “Arrestato Ferrero (la Sampdoria non c’entra)”. È un esempio della moda dilagante delle parentesi dentro un titolo, che più d’un lettore vive con fastidio distratto, inciampandoci sopra in un numero sempre maggiore di testate, per lo più online.

Il fatto è che le parentesi, esattamente come la parola “infatti”, non servono a un accidente. Tanto è vero che se le eliminate, proprio come quando eliminate “infatti”, il concetto non ci perde nulla. Non solo: se “infatti” è scocciante perché denota un atteggiamento sentenzioso - in sostanza vuol dire: “Quel che dicevo poco fa è vero, e quel che dirò adesso lo dimostra” - la parentesi scoccia due volte. Primo: perché suona come un trucchetto lezioso per darsi un’aria casual e sbarazzina. E poi perché a guardar bene ha un sapore paternalista. Significa: sì, caro lettore, conosco i tuoi automatismi mentali e quindi so che ora che ho nominato Ferrero tu stai pensando alla Samp, ma non c’entra nulla. Le “40 regole per scrivere correttamente in italiano” di Eco al punto 6 recitano: “Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso”. Figuriamoci se non spezza il filo dei i titoli. Peraltro quel libro, la raccolta delle bustine di Minerva, circola ancora. Se non sapete che cosa regalare a Natale a una persona intelligente, eccovi serviti.

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