I l problema non sono gli ingredienti, bensì che a volte non possono essere usati insieme, altrimenti sono tossici. Proprio come la cronaca nera e l’ombrellone: la prima da sola ci informa sull’attualità e l’altro ci ripara dal sole cocente. Insieme, purtroppo, fanno invece un Garlasco.

Dal 2007 Chiara Poggi, uccisa nel Pavese, tenta di riposare in pace. Ma non le è concesso, e qui il giornalismo italiano dovrebbe fare un mea culpa grande come un palazzo. Se il momento estivo non offre notizie di grande richiamo, si sceglie un omicidio, si batte su quello soprattutto in tv (tutte le tv) e si costringono così le altre testate a inseguire.

Quello di Chiara Poggi è un “cold case”, è datato. Spaventa che l’opinione pubblica sia trascinata a dividersi in tifoserie agitate che neanche nei derby allo stadio. Ora il dibattito pubblico (ma perché mai dovrebbe esistere, su un delitto?) è su che cosa c’era sul corpo della vittima. E ognuno dice la sua, anche al mercato. Ma che ne sappiamo, noi? La civiltà impone che ciascuno si occupi di ciò che sa e lasci il resto a chi sa di quello: ad esempio, se un tubo perde, il contabile chiama un idraulico.

Per Poggi servono investigatori e giudici, e noi sentiamoci dispensati.

Per favore, davvero, basta accanimento sulla cronaca nera: ci sono omicidi ogni giorno e il circo mediatico non può decidere quali valgano tanto. E quali siano di serie C.

© Riproduzione riservata