D opo la guerra, il Covid, l’inflazione, la stagnazione, la recessione, la stagflazione, le cavallette, la siccità e la peste suina a rimetterci nel centro di gravità permanente di Battiato arriva la notizia: il vitalizio dei neoeletti di questa legislatura, il 58 per cento dei deputati e il 73 dei senatori, è salvo. Non devono attendere il 23 settembre allo scoccare dei quattro anni sei mesi e un giorno necessari a far scattare la pensione. Il che conferma l’assunto di Indro Montanelli: in Italia nulla finisce in tempi certi, escluse le partite di calcio. Scopriamo così che il fisso per una legislatura di circa 1.500 euro lordi , pari a quella di un minatore dopo 40 anni di lavoro, è già acquisito perché la legge contempla una parola magica: la “prorogatio”. È la chiave che imbullona alla carica deputati e senatori fino alla prima seduta del prossimo Parlamento. Quindi, anche se domani il presidente Mattarella dovesse sciogliere le Camere, prima dell’insediamento del nuovo Parlamento, passerebbero non meno di ottanta giorni. Sicché il fatidico 23 settembre è già superato. Niente li lega più all’incubo del vitalizio camuffato in pensione ma obbliga i signori onorevoli a presentarsi in aula in caso di estreme necessità. Cioè mai. Liberi tutti e forse è meglio così, meno si fanno vivi e più il Paese vive.

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