Se scappa il leone
Caffè Scorretto
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P er fascismo oggi s’intende qualcosa che ha scarso riferimento al fatto storico d’origine che lo ha caratterizzato. Quando si pretende che prima di assumere una carica pubblica il designato dichiari solennemente di essere antifascista equivale all’ingiunzione di esibire la tessera di iscrizione al Fascio richiesta nel ventennio della dittatura a chi svolgeva funzioni pubbliche: dall’impiegato del catasto al docente universitario. Era allora ed è oggi una sopraffazione, un’imposizione antidemocratica e illiberale. È, anche, come usare la stessa moneta per acquistare una camicia nera oppure una camicia rossa. Questa considerazione, che per uno spirito libero e liberale nasce spontanea ogni volta che si dà del fascista a chi non la pensa secondo i canoni del pensiero progressista, ha trovato un avallo nella dichiarazione di Donna Haraway. Quando la Biennale di Venezia l’ha insignita del Leone d’oro alla carriera, la filosofa statunitense ha detto: «Questo leone è pronto ad affrontare i fascisti di tutto il mondo e a mordere i fascisti che scappano». Chi non la conosce sappia che Donna Haraway, fautrice del pensiero femminista, è caposcuola del cyborg, «una creatura né macchina né uomo, né maschio né femmina», che studia il rapporto tra scienza, identità e fluidità di genere. Chi non è fluid* è fascista. E, se scappa, il leone di Donna Haraway gli morderà le terga.