I l problema non sono i piedi, che sono di bronzo e saldamente piantati sopra ogni verità che lo infastidisca. Il problema con il colosso Trump è che è la testa la parte d’argilla, inteso come materiale manipolabile per eccellenza. Al contrario di amici e alleati, che per definizione gli stanno sullo stomaco, un leader tradizionalmente ostile agli Stati Uniti può ottenere molto e con facilità da questo stagionato megalomane, capace di farsi photoshoppare in talare bianca pur di rubare 5 minuti di attenzione al nuovo Papa. L’importante è che il nemico ammiccante cominci la conversazione sperticandosi in complimentoni e la chiuda con un calboniano “è un bel presidente!” o qualcosa di equivalente. Temevamo andasse così nella telefonata fiume di ieri con Putin: considerato che in linea con il narciso col riporto c’era uno che ha cominciato la carriera come agente del Kgb, temevamo un disastro da sistemare su un punto X di una scala che parte dalla revoca dei dazi su gas e colbacchi e arriva alla cessione alla Russia della Georgia caucasica e pure di quella accanto all’Alabama, con ricetta della Coca Cola inclusa. A questo punto la dichiarata disponibilità di Mosca a cessare il fuoco «con accordi appropriati» è un’ottima notizia. Nonostante l’inconsistenza dell’impegno, o forse proprio per questo.

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