C hiunque sia, Elena Ferrante può andare orgogliosa di sé. Nella gioiosa e prudente intervista rilasciata al Corriere della Sera subito dopo la scarcerazione, Patrick Zaki ha detto che in quei 22 mesi gli hanno fatto compagnia in tre: Saramago, Dostoevskij e lei, che è in cima alle sue preferenze. Difficile pensare un riconoscimento più prezioso che quello di aver offerto un’amica geniale a un essere umano solo e impaurito. È facile invece immaginare come quelle pagine abbiano aiutato il prigioniero: non solo distraendolo dalla Grande Bruttezza della sua quotidianità in cella – e omettiamo il giochino di parole sulle letture d’evasione – ma soprattutto facendogli sentire che nonostante il muro lui era ancora libero cittadino in un mondo di creatività e di significato. Ma allora devo scrivere, dirà una vocina narcisista dentro alcuni di noi, perché magari con i miei pensieri alati posso aiutare un sofferente. Beh, può anche darsi. Di sicuro comunque è una buona idea leggere, non foss’altro perché molti di noi hanno una loro prigione mentale fatta di cupezze, e leggere cose nutrienti aiuta a guardare oltre le sbarre e ricollegarci a un universo di idee, di intuizioni e di opinioni. Se invece uno è abbastanza fortunato da non portarsi dentro la propria cella, può sdebitarsi con la buona sorte e per Natale regalare un libro che ama alla biblioteca di un carcere.

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