G ap è un acronimo ricorrente in Italia. Si chiamavano così i Gruppi d’Azione Patriottica, un’organizzazione comunista che operò nella Resistenza dal 1943 al 1945. A essi s’ispirò Giangiacomo Feltrinelli quando fondò il suo Gap: Gruppi d’Azione Partigiana, formazioni «paramilitari e di guerriglia di estrema sinistra, marxista-leninista». Morto sul lavoro il fondatore, la sigla ricomparve dopo con una modifica verbale ma uguale sostanza: Gruppi Armati Proletari, un movimento di guerriglia urbana attivo negli anni di piombo. Tre Gap di eguale triste natura. Ce n’eravamo dimenticati. Oggi un altro Gap compare nelle cronache. Significa Giuristi e Avvocati per la Palestina. Niente a che vedere con quelli del passato. Unico legame essere di sinistra o, enfaticamente, progressisti. Progressista è una parola che fa l’amore con il futuro, scaccia i vecchi fantasmi, è attraente. Niente è più entusiasmante che marciare nelle strade e nelle piazze verso il domani, tutti insieme. Un domani senza i passatisti di destra, senza i nostalgici, senza i Meloni. Meglio emarginarli subito, magari con una sentenza esemplare che li condanni e estrometta. A questo fine il Gap di ultimo conio, quello di giuristi e avvocati, ha denunciato il vertice del governo italiano alla Corte penale internazionale per «complicità in crimini di guerra e contro l’umanità». Surreale? No, progressista.

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