L’astensionismo
Caffè Scorretto
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C ’è chi ha votato anche il referendum sul niente applicato al nulla: la democrazia è partecipazione che Giorgio Gaber inquadrava nella libertà. Tutto molto chiaro. Stupisce però il fervore con cui i politici sconfitti, intellettuali prestati alla causa e associazioni interessate se la prendono con gli italiani che disertano le urne fino quasi a invitarli a presentare una giustificazione che potrebbe anche essere “non ne avevo voglia”. E allora? Cosa c’è di incivile in questa scelta? Fino a prova contraria lo spirito democratico contempla anche l’astensione. Dei programmi presentati uno può legittimamente pensare: non ce n’è uno che mi soddisfa; o tanto non conto nulla, sono solo un numero; oppure quei simboli sono fuori dalla realtà, “voglio dimostrare alla classe dirigente l’insoddisfazione per come è stato dilapidato il bene pubblico”. La metà degli italiani che non salta un appuntamento obietterà. Appare però ugualmente legittimo far capire con l’apparente disinteresse che la commedia ha bisogno di nuovi e più corretti copioni, di altri interpreti. Votare è un diritto ma non è ancora un obbligo e il “dovere civico” è una formula molto vaga che si applica più al non far sporcare i marciapiedi dai cani, a non infastidire gli anziani e i malati alle tre del mattino, a non considerare i cittadini solo per il tagliando dei seggi.