S calfari ha detto e scritto un tale numero di cose intelligenti che si può evitare di secernerne una a tutti i costi per rendergli omaggio. Però sia consentita almeno un’obiezione agli omaggi altrui, e in particolare alla formula usata dal presidente del Consiglio, quel “lascia un vuoto incolmabile” che sta al lutto come la cravatta regimental sta al completo grigio: un’abbinata inevitabile, così classica da non sembrare neanche banale.

Va bene che ieri Draghi aveva qualche pensiero e poca voglia di fare l’audace sperimentatore di necrologie, però in un certo senso è vero esattamente il contrario: Eugenio Scalfari lascia un pieno. Ineguagliabile.

Il vuoto c’era prima che cominciasse a scrivere, e in particolare prima che cominciasse a dare voce a un’élite laica e libertaria che più si proclamava aristocraticamente minoranza e più diventava egemone. E quindi Scalfari lascia un pieno di inchiostro e di pensiero, di intuizioni e anche di errori, di scommesse e di analisi.

Poi che qualcuno se ne giovi - rileggendo le sue pagine, o tenendole vive nel proprio modo di interpretare se non il mondo almeno l’Italia e la sua politica – questo è il problema delle eredità, ovvero che tocca agli eredi scegliere se farle fruttare o sperperarle. Il vuoto viceversa lo lasciano spesso i vivi. Per esempio uno importante lo sta lasciando Conte. Si spera incolmabile.

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