La lampadina
Caffè Scorretto
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C hiunque abbia messo piede a Venezia negli ultimi decenni, foss’anche in gita scolastica, ha constatato che è un posto meraviglioso ma c’è troppa gente. Poi la si può dire in molti modi più complicati e sociologici, ma il succo è questo: se in un posto fascinoso c’è troppa gente, si nota più la gente che il fascino. E anzi sopra l’idea, sopra il ricordo di quel fascino ti porterai sempre la patina untuosa di quell’eccesso di presenze (fra l’altro con la sgradevole consapevolezza che agli occhi di tutti quegli altri, di tutti quei troppi, sei uno di troppo anche tu). Perciò durante quella nostra volta a Venezia tutti abbiamo pensato, almeno per un istante, che sarebbe stato bello avere una bacchetta magica per restare lì da soli. Ora ci arrivano Jeff Bezos e signora per sposarsi, e avendo un patrimonio da 226,8 miliardi di dollari hanno noleggiato un pezzo di città.
L’effetto si preannuncia orribilmente kitsch. Sarà pieno di veneziani offesi che li contesteranno, di gente che ricorda quanto sfruttamento di corrieri ci sia dietro quei soldi, e poi i bavosi che li fotograferanno a distanza. E insomma lui avrà un frac di quattrini e lei uno strascico di invidia, e tutt’attorno vip e star e pavoni pavoneggianti e uccelli del paradiso fiscale. La differenza fra la bacchetta magica e 226,8 miliardi di dollari è tutta qui. La stessa - direbbe Elémire Zolla - che c’è fra un fulmine e una lampadina.