A gosto è il mese in cui l’attenzione si deconcentra. Mari, monti, laghi, viaggi distraggono. Va in vacanza anche la memoria. Da quando nel 18 a.C. l’imperatore Augusto gli impresse il sigillo delle ferie, è il mese della dimenticanza. Forse per questo solo pochi liberali ostinati si sono ricordati che proprio sessant’anni fa nell’antivigilia di Ferragosto Berlino fu divisa in due da un muro. Eppure era l’anniversario tondo del più vile e odioso crimine sociale postbellico del secolo scorso in Europa. Un’amnesia che si annida in quell’inconscio collettivo che rifiuta gli anniversari se sono scomodi per la politica e il pensiero dominanti. Quel muro segnò il confine tra la libertà e la prigione, tra la parola e il silenzio, tra il mondo civile e il comunismo. I berlinesi dell’est furono arrestati in massa. Erano una fiumana quelli che scappavano dal buio di Pankow attratti dalle luci al neon delle notti di Berlino ovest. Fra entrate e uscite il disavanzo della Ditta Falce e Martello era incolmabile. La fabbrica aveva i conti in rosso. Rosso sangue. Il fallimento fu rinviato di 28 anni fino al 1989 quando Gorbaciov, ultimo contabile dell’azienda, consegnò i libri al tribunale della Storia. Perché di un evento così tragico si è affievolita la memoria? Risposta: non è sinistramente corretto.

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