La balcon-tax
Caffè Scorretto
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L a più scema fra le polemiche di fine anno (poi, per carità, non mettiamo limiti) parrebbe quella innescata dal “Telegraph”, che ha inserito il balcone di Giulietta a Verona in cima alla lista “Le 10 più pacchiane attrazioni europee dove un turista pensante non si farebbe mai vedere”. Di per sé è evidente che il quotidiano inglese ha ragione, perciò potremmo anche finirla qui. Shakespeare è stato a Verona più o meno quanto Salgari è stato in Malesia, Giulietta è notoriamente un personaggio immaginario quanto il Federatore del centrosinistra e insomma tutta l’operazione-balcone ha da sempre uno smaccato sapore da turismo pop. Il dibattito però divampa sul costo della visita, destinato a scendere a 5 euro ma provvisoriamente fissato a 12. Vogliamo dirlo? Inutile polemizzare, è sacrosanto anche questo. Se sei così fesso che una volta a Verona decidi di buttare tempo ed energie per farti un selfie davanti a un posto fasullo, è giusto che paghi. In realtà, trattandosi di una tassa sulla dabbenaggine ed essendo il nostro sistema fiscale improntato alla progressività, sarebbe giusto far pagare il biglietto in base all’imponibile. Ma è complicato fermare la gente e chiedere: “Ma lei è ricco e scemo, un povero scemo oppure scemo e basta?”. Perciò bene il ticket a 12 euro per vedere la fiction dal vero. È una flat tax, una tassa sulla piattezza.
