Insieme all’inferno
Caffè Scorretto
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P utin ha occhi di ghiaccio e pelliccia d’orso sullo stomaco. Alloggia al Cremlino e si sente zar di tutte le Russie, come Pietro il Grande. Fatta sul mappamondo la ricognizione dei suoi territori, si è accorto che gli mancano quelli di confine del fu impero sovietico. Del quale ha dissimulata nostalgia essendone stato anima nera quando comandava il Kgb. Li considera parti integranti della sua nazione e vuole riconquistarli con la forza. Lo proclamò tra lo stupore e lo scetticismo internazionali: non oserà, la guerra fredda è finita, quella calda è un rischio soprattutto per lui. Invece, glaciale nella sua strategia, procede come un carro armato. Le democrazie occidentali si oppongono al suo disegno con alate parole, innocui movimenti di eserciti e minacce di sculacciate, che chiamano sanzioni. Vladimir Vladimirevic ha la fortuna dalla sua parte: a condurre questo esercito di fantasmi euro atlantici c’è un vecchietto azzimato di nome Joe. Alloggia alla Casa Bianca e crede di essere la persona più potente del mondo. Nella sua esaltazione si è preso lo sfizio di chiamare Putin assassino. Lo zar non ha fatto una piega. Da impassibile giocatore di scacchi gli ha mandato a dire irridente: se scoppierà una guerra atomica andremo tutti in paradiso. Errore: lui e Biden andranno insieme all’inferno.