L o dico, con umiltà, a chi mi accusa di cinismo per avere io sostenuto che non è stato un tentativo di genocidio l’uccisione di molte migliaia di palestinesi a Gaza. Sostengo questa tesi perché il genocidio, come ho già scritto, mira a annientare un popolo. Coniata dal polacco Raphael Lemkin, questa parola entra nei vocabolari nel 1944 quando era ancora in corso il tentativo dei nazisti di cancellare gli ebrei dalla faccia della Terra. Se Israele avesse voluto fare altrettanto con i palestinesi, l’ammassamento di due milioni di persone in una piccola striscia di territorio gli avrebbe offerto l’opportunità più semplice. Osservatori internazionali neutrali hanno invece scritto, con freddezza notarile, che i morti civili di Gaza sono stati gli «effetti collaterali» di una guerra tra uno Stato e un esercito territoriale di terroristi che vogliono eliminarlo dalla carta geografica. Israele per tutelare la sua sopravvivenza persegue una logica militare spietata, che ha come fine la distruzione di Hamas e di chi a vario titolo ne è complice. Gli esiti di quest’azione sono terrificanti e destano orrore. Al pari del massacro di giovani ebrei, solo perché ebrei, il 7 ottobre 2023. Le anime belle e progressiste non s’indignino a seconda degli umori politici delle loro coscienze, ma sempre e contro chiunque ricorra alle armi per affermare una propria vera o presunta ragione.

© Riproduzione riservata