O rmai li conosciamo e sappiamo quanto basta per averne paura. Dopo nove mesi dall’inizio del conflitto in Ucraina nessuno dei protagonisti ci ispira fiducia. Abbiamo paura non solo dei cattivi, ma anche dei buoni o di chi da buono si veste. Troppi interessi sotterranei, troppi fini inconfessabili da perseguire: geopolitici, economici, strategici. É venuto a galla ciò che ribolliva sotto un mare di pece. Scontato il disprezzo per chi ha innescato il conflitto, senza peraltro il coraggio di dichiararlo, diciamo subito che anche gli altri attori della tragedia non sono esenti da biasimo. Sarà la Storia a raccontare ciò che la cronaca oggi non può e non vuole dire. Il missile caduto in Polonia ha confermato quanto si sapeva sugli obiettivi e sui caratteri dei principali protagonisti. Per due giorni abbiamo temuto di essere trascinati in una guerra globale. Ci spaventava la pressione, in termini di ricatto morale, di Zelensky sulla Nato, dalla quale pretendeva «linea dura» contro Putin. Questa guerra non è un videogioco, basta una mossa sbagliata per provocare una catastrofe planetaria. L’Ucraina, certo, va salvata sottraendola alle grinfie dell’orso russo. E Zelensky va protetto. Anche da sé stesso. Il palcoscenico della Storia è diverso da quello dove fino a qualche anno fa si esibiva come attore comico.

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