Il lungo sonno
Caffè Scorretto
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C ’è voluta una guerra per svegliarla dal sonno di Aligi. Parlo dell’Unione europea, in acronimo Ue. Putin l’ha fatta improvvisamente uscire dallo stato onirico in cui si cullava. Sognava di chiamarsi ancora, come nella sua età puberale, Cee (Comunità Economica Europea); credeva che per recitare un ruolo preponderante nello scacchiere mondiale, fosse sufficiente governare banche e finanza, agevolare gli scambi commerciali, indirizzare l’agricoltura stabilendo con puntiglio maniacale il calibro dei piselli. Di diventare soggetto politico nulla pareva importarle. I burocrati sono le palafitte su cui si poggia. Nessuno li ha mai eletti, ma scrivono le leggi. Nella sua configurazione attuale ha compiuto trent’anni, età matura per rendersi indipendente e affrancarsi dalla patria potestà americana. È ora che metta la testa a partito, come si raccomanda alle ragazze non più giovani e troppo spensierate. Di fronte agli agguati dei despoti con tendenze criminali deve essere in grado di reagire. Uno zar l’ha chiamata alle armi, non solo metaforicamente. A Bruxelles abbiamo tre donne al comando: Ursula von der Leyen, Cristine Lagarde, Roberta Metsola. Sapranno vendicare la principessa Europa del mito greco rapita da Zeus, il dio fellone che ne abusò con la forza e l’inganno? Oggi Zeus ha la faccia di Putin.