L o sgombero del Leoncavallo era disposto da una sentenza e andava attuato, in uno Stato di diritto funziona così.

Ma attuarlo in furbo anticipo sulla data programmata, farlo all’insaputa del sindaco che intanto lavorava a un’ordinata soluzione politica, e condire l’evento con una cagnara da “c’è un nuovo sceriffo in città”, è al tempo stesso patetico e istruttivo.

Patetico perché la destra sta dando in pasto al suo elettorato lo scalpo di un calvo, visto che il Leoncavallo era una molotov caricata a camomilla, o meglio a vino buono, e la sua storica fragranza antagonista poteva eccitare giusto quelli che ancora considerano Branduardi un pericoloso capellone. Istruttivo perché dimostra come chi oggi governa questo Paese lo faccia con un senso di fazione e di rivalsa che è il contrario dello spirito repubblicano.

È troppo facile dire, come l’Anpi e tanti altri, che ora il banco di prova di tanto inflessibile legalitarismo sarà l’eventuale sgombero di Casa Pound dalla sede romana che occupa abusivamente da anni? E allora limitiamoci a considerare che ci si aspetterebbe meno intransigenza da un governo altrimenti così pragmatico, così laico ed elastico da ignorare fischiettando un mandato di cattura internazionale e rimandare a casetta il disumano Al Masri pur di non dare un dispiacere ai capi degli scafisti.

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