Guerre mondiali
Caffè Scorretto
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U n amico in vena di spiritosaggini mi ha detto: «Se Di Maio si toglie di mezzo forse Putin e Biden trovano un accordo sull’Ucraina». Il sottinteso della sottile ironia è chiaro: la smetta il nostro inesperto ministro di inviare messaggi senza destinatari recitando la parte dello statista in erba, cui nessuno dà ascolto. Una battuta, si dice, fa buon sangue e in sé stessa si esaurisce. Però spesso è l’indice di un sentimento popolare. In questo caso esprime poca fiducia nelle attitudini della nostra classe dirigente a svolgere un ruolo credibile nelle relazioni internazionali. Ai tempi della guerra fredda l’Italia fece valere un’astuta capacità diplomatica che le fruttò benefici superiori a quanto meritasse. I ministri degli Esteri di quell’epoca avevano un cursus honorum che li abilitava allo svolgimento di quel mandato. Si chiamavano, per ricordarne alcuni, De Gasperi, Sforza, Nenni, Gaetano Martino, Saragat, Andreotti, Segni, Fanfani, Moro. Nessuno di loro era un improvvisatore, nessuno era nato politicamente sotto un cavolo o proveniva dagli spalti di uno stadio. Non rimpiangiamo il passato, che aveva, anch’esso, molte ombre. Però ci fa rabbrividire la vox populi dei social che hanno scritto: «Di Maio, che paventa una possibile terza guerra mondiale, non ha ancora studiato le prime due».