Guasti strutturali
Caffè Scorretto
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S e un Paese soffre per le smanie di protagonismo di un arrampicatore politico vuol dire che ha un guasto strutturale. O costituzionale. Quando la Pochette entrò a Palazzo Chigi ci parve di assistere a un film di animazione. Capimmo subito che non era un tiro burlone di Mattarella, che è poco incline allo scherzo. Era il frutto di una perversione del “sistema”. Sapevamo che il Conte alla fine sarebbe stato salato, e che lo avremmo pagato tutti. Prima che i danni fossero irreversibili arrivò, invocato, Mario Draghi. Il parlamento quasi per intero lo acclamò e si accucciò. Riconoscendone il valore ne accettò il comando. Il Defenestrato finse di adeguarsi al nuovo scenario, ma in cuor suo nutriva risentimento e meditava una rivalsa. Prima infastidì il Drago con punture di spillo, poi passò alle minacce e ai ricatti; alla fine appiccò un incendio. «Se la casa brucia voglio scaldarmi anch’io», ossia voglio trarre profitto dalla rovina, dice furbescamente un personaggio goldoniano; che, fuor di commedia, chiamiamo Matteo Salvini. Invitato, entrò in scena, con un cerino acceso, anche Berlusconi. E l’incendio divampò. Il parlamento aveva ripreso il sopravvento. Il che in democrazia non è un male: purché la politica, per dirla con Alberto Savinio, non espella «l’uomo intelligente come un corpo estraneo».