D all’aula di Montecitorio un annuncio urbi et orbi: lo abbiamo eletto, habemus papam. Alleluja. Gli italiani hanno un nuovo protettore. Ma non è nuovo. Anzi, è vecchio perché già usato, e forse usurato; ed è anziano. Non è fior di conio. Fluito da antichi sapori e dissapori è cominciato il papato di Sergio II. Abbiamo riso alle scene da commedia dell’arte cui abbiamo assistito. Riso amaro. Ubriacante il carosello dei molti porporati, che entrati nella giostra ne sono usciti bastonati, azzoppati: uomini e donne. A proposito di donne, venerdì sera una era in testa sull’ultimo tornante del Colle. Di nome Elisabetta, di cognome Belloni. Pochi la conoscono, ma lei conosce tutti essendo la coordinatrice dei servizi segreti. E ci ha sperato. I sogni, però, muoiono all’alba. Riferiscono le cronache che durante la notte i grandi elettori hanno vagato spostandosi in massa da un ristorante a una trattoria, come i giovani gaudenti dell’antica Roma, che erravano da una taverna all’altra. «In girum imus nocte et consumimur igni»: giriamo in tondo nella notte e veniamo consumati dal fuoco. Così cantavano per le vie dell’Urbe. Un palindromo che, come tutti i palindromi, letto da Destra o da Sinistra è sempre uguale: quando si arriva alla fine si è di nuovo al principio. Come dire: da Sergio a Mattarella.

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