“A vevano intellettuali organici e li hanno persi, si sono poi affidati agli influencer, ora gli sono rimasti i comici e basta”: è la replica del ministro della cultura Alessandro Giuli alla sinistra e a Geppi Cucciari che aveva ironizzato sulla sua eloquenza demodé. La risposta ha prodotto il contrario del suo scopo, quello che in filosofia si chiama eterogenesi dei fini: voleva andare al Sahara ed è finito al Polo nord. La satira è un’arte leggera e provocatoria, il ministro tentando di svilire l’intellighenzia scomoda abbinandola alla comicità ha finito per dare calorie anche all’albume dell’uovo. La risata è l’antidoto all’intolleranza, il lassativo che libera la società dei “lei non sa chi sono io” convinti che darsi una mossa migliori il loro e il nostro umore: ottimista intelligente contro il potere impertinente. Ignazio Silone nel romanzo “Avventura di un povero cristiano” ricorda il papa pio Celestino V che non fece per “viltade il gran rifiuto” (Dante) ma per tenersi lontano dai giochi di potere e per questo bollato dall’uomo di potere papa Bonifacio VIII come “cristiano assurdo”. Questo Paese ha fame di “cittadini assurdi” che sorridendo castigano i costumi fino a rivelare lo scandalo: “guai all’uomo per colpa del quale lo scandalo avviene” sta scritto nel santo Vangelo di Matteo ma anche nelle sacre tavole della giustizia.

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