N el romanzo russo “La Fossa” di Kuprin c’è una frase che resta nella memoria: “Il dottore venne, non accorse”. Ma perché stupirsi? Mai come di questi tempi il malato va considerato paziente: basta guardare le liste di attesa, anni per una gastroscopia e quelle ore eterne al pronto soccorso. Niente sarà come prima si era detto, immaginando il post Covid: abbiamo peccato di ottimismo. Ai medici non si può pretendere l’impossibile da una politica al disotto del possibile. Il camice bianco non sempre significa candore e tanto meno innocenza, come la toga non vuol dire giustizia e l’abito non fa più il monaco: per capire se uno è prete bisogna che non si volti se passa una bella donna. Il medico invece si deve voltare, rispondere e intervenire: è nel giuramento di Ippocrate che però non prevede il dovere di porgere la guancia ai pazienti fuori di testa e caricarsi le colpe di un sistema da tempo fuori binario, che spande e spende tra rivoluzioni promesse e ricambi annunciati. Big ben ha detto stop, il tempo delle parole è scaduto. I sardi che pagano le tasse per l’assistenza e con loro tutti i cittadini a reddito Isee certificato hanno il diritto di avere una sanità pubblica decente. Chi invece le tasse non le paga per scelta sia escluso dall’assistenza gratuita, paghi visite, ricoveri e medicinali fino all’ultimo centesimo. Si chiama giustizia.

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