L a scuola, soprattutto dopo il trauma del Covid e le ansie che ancora suscita, è un argomento che è giusto trattare sui giornali, con attenzione e puntualità. Certo, la voglia di occuparsene evapora quando leggi anche su quotidiani molto blasonati pezzi pensosi su “come preparare i bambini al rientro dalle vacanze”. Ma porca miseria, pensi in un impeto di odio generazionale, quelli si sono ciucciati tre mesi di ozio assoluto e legale e io, che in due settimane di ferie sono riuscito a malapena a fare tre tuffi e a perdere le chiavi dell’auto, devo coccolarli perché forse tra qualche giorno dovranno ricominciare a studiacchiare qualcosa?

Poi però leggi che da quest’anno si ricomincia ad avere il compagno di banco e ti plachi, perso nei ricorsi d’infanzia e adolescenza. Il compagno di banco, il tutor della tua futura socialità. La persona con cui si impara a litigare e a fare pace, che forse ti presta la gomma da cancellare e forse no, che ti imbandisce un po’ di educazione sessuale a suon di barzellette spinte, la persona con cui impari che copiare e far copiare sono arti sorelle. La persona che ti freme accanto mentre il dito della prof scorre lento sul registro a caccia di interrogandi. Lo senti sudare, a volte anche troppo. E quando lo ritrovi per strada decenni più tardi – ormai notaio, o pusher o meccanico – gli vorresti dire: ti abbraccerei. Ma ricordo ancora che odore hai.

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