B asterebbero le parole di Maria Falcone per chiudere il dibattito sulla scarcerazione del mafioso Brusca, killer di suo fratello Giovanni e di altri 149 esseri umani, e sulla suggestione di revocare i grandi sconti di pena per i grandi criminali che collaborano con la giustizia: «Come cittadina e come sorella non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre. Ma come donna delle istituzioni sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge. Una legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose». Certo, è da tragedia greca questa vicenda dell’assassino del giudice che finirà i suoi giorni da uomo libero grazie a una legge voluta da quel giudice. Ma le tragedie greche vennero scritte, e tuttora vengono lette, per riflettere. Anche tormentosamente, ma comunque per ragionare: per trovare soluzioni semplici e tranchant bastano i bar o i talk. Un primo fiore che oggi si può posare sulla tomba di Falcone è una riflessione su quanto sarebbe potente Cosa Nostra senza quella legge sui pentiti i cui effetti comprensibilmente ci turbano. Un secondo fiore sarebbe la richiesta a governo e maggioranza di parlare più spesso di mafia. Soprattutto ora che hanno stroncato la piaga dei rave party e della cannabis light.

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