L a convenzione di Ginevra stabilisce in nove punti i crimini di guerra. Manca il decimo: la guerra è di per sé un crimine. Si può discutere, come si fa da centinaia di anni e noi ancora oggi facciamo, sull’eticità di continuare con le armi le liti tra Stati. Filosofi, sociologi, antropologi, politologi si sono cimentati sull’argomento con tesi e antitesi, hanno giostrato con la dialettica e i sofismi. Quando entrano in campo gli eserciti l’uomo perde la dignità e rivela una ferinità nascosta. Tutti i conflitti, fin dai più antichi combattuti con pietre, fionde e bastoni, hanno mostrato atrocità. Una guerra “corretta” non c’è mai stata. Ma oggi, con la diffusa sensibilità delle percezioni, le efferatezze dei russi in Ucraina più che mai fanno ribollire il sangue e scandalizzano le coscienze. Resipiscenza tardiva. La Russia, con un’esibizione di forza selvaggia, paradossalmente rivela debolezza. Che ci spaventa. Perché la disperazione è cattiva consigliera. Meniamo giustamente vanto dei traguardi strabilianti raggiunti dalla scienza, non sempre però il progresso della scienza va di pari passo con la civiltà. Questa antica dicotomia propone una domanda per tutti e per il signor Putin in particolare: è più civile il cannibale che, grazie al progresso, consuma il suo pasto con forchetta e coltello?

© Riproduzione riservata