A nche Michele Santoro minaccia di fondare un partito. Se nascerà, dice sornione, sarà «il partito che non c’è». Ma con un ricostituente di comprovata efficacia: Giuseppe Conte, con cui intende allearsi. Grande idea: un asse d’acciaio tra due partiti che non ci sono in cerca di voti che non ci sono. Mai però disperare. L’attempata zitella di un paesino di montagna a chi insinuava che non aveva mai avuto spasimanti, rispondeva maliziosa: «Ogni santo ha i suoi devoti». Per dire che anche il più negletto può essere illuminato da un raggio di sole. Verità inconfutabile, altrimenti non avremmo mai visto aggirarsi nei palazzi del parlamento tanti zerbinotti e zerbinotte. Intanto, mentre Santoro è indeciso, Di Maio, uscito dalla crisi adolescenziale, di partiti ne ha fondato due in un mese: dopo “Insieme per il futuro”, “Impegno civico”. Come badante politico ha scelto il saltimbanco Fregoli-Tabacci. Nel simbolo elettorale campeggia il suo nome: ormai si sente leader indiscusso dei senza casa, ai quali ha promesso alloggi di fortuna. «Siamo orgogliosi di avere governato bene l’Italia», ha detto senza arrossire. Sia lui sia Conte, diventati acerrimi nemici dopo essere stati sodali, rischiano di dissolversi nell’etere della politica. Se entrambi scompariranno ci accorgeremo che non sono mai esistiti.

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