Al capolinea
Caffè Scorretto
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A utobus linea M. Due amiche, sedute a fianco a fianco, parlano a mezza voce e si confidano. «E così, per non bisticciare, hanno deciso di tirare a sorte. Ha vinto mia figlia: lei sarà genitore Uno, suo marito genitore Due. Io preferirei che continuassero, secondo la nostra millenaria tradizione, a farsi chiamare anagraficamente padre e madre e familiarmente babbo e mamma». «Ma ora non si può più. L’ha deciso la Cassazione e non si torna indietro. Nemmeno quel rozzo patriarca di Salvini potrà risuscitare babbo e mamma. Sono stati eliminati». «Mi stai dicendo, implicitamente, che sei d’accordo». «In un certo senso sì. È meglio stare nel generico perché con i tanti metodi di procreazione, i diversi tipi di matrimoni, le famiglie queer, le coppie occasionali, l’orientamento woke è necessario un linguaggio nuovo». «Sta prevalendo l’aspetto ideologico delle minoranze politiche e lo si impone alla maggioranza». «Con l’avallo della Cassazione?». «Non oso sostenerlo, ma ti ricordo che nella magistratura ci sono le correnti, con gli stessi vizi dei partiti». «Bisogna adeguarsi ai tempi. Le nascite diminuiranno, avremo sempre più bambini figli della provetta». «In luogo dei genitori le provette: provetta Uno e provetta Due». «Ciao amica mia, dobbiamo scendere dal bus, siamo arrivati al capolinea». «Sì, siamo proprio al capolinea». «Alludi?». «Sì, alludo».