Spagna, da terra “barata” per degli italiani a super economia europea. Anche grazie ai migranti
Il Pil del Paese iberico sta crescendo a una media del 3% annuo, una progressione che non ha uguali nel Vecchio Continente. Le ragioni le ha spiegate il Financial TimesPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Alzi la mano chi, tra anni Ottanta e Novanta, da studente squattrinato (o da studentessa squattrinata) non è andato (o andata) in vacanza in Spagna perché tanto lì, con la peseta, costava tutto pochissimo. E con una milionata di lire portata da qui (mica c’erano i bancomat allora) ci si poteva permettere di trascorrere un mese da favola. Di certo senza pensieri e con un certo agio.
Ecco, quel Paese iberico, fatto di corride e sevillañas, non esiste più. Lo ha sepolto una democrazia giovane, di certo molto più di quella italiana. Noi Repubblica parlamentare dal 1° gennaio del 1948; loro Monarchia parlamentare dal 28 dicembre del 1978. Tradotto: l’Italia, con trent’anni di anticipo, ha masticato democrazia e regole costituzionali. Eppure oggi sull’asse Madrid-Barcellona la crescita si attesta intorno al 3%, un record in Europa; noi, nella direttrice Roma-Milano, non arriviamo all’uno. La media Ue è poco superiore.
I conti felici del Paese iberico finiscono, con sempre maggiore frequenza, sotto la lente della stampa internazionale. Fenomenologia di un benessere sempre più diffuso che è possibile conquistare. Il Financial Times, celeberrimo e serissimo quotidiano britannico, è stato l’ultimo a occuparsene in ordine di tempo. Con una certezza: «La Spagna può vantare oggi una delle più forti economie nel mondo sviluppato». I raffronti con il resto dei competitor del Vecchio Continente sono impietosi anche sul 2026: il Pil spagnolo è dato a +2,6%, la Germania non andrà oltre l’1,1%, la Francia si fermerà allo 0,9%. L’Italia continuerà a galleggiare nella sua stagnazione che vale un misero 0,6%. Questo è lo scenario.
C’è anche qualche altro numero che può impressionare, relativo all’ultimo decennio, quando, tra 2015 e 2024, la Spagna ha attratto investimenti per 304 miliardi di euro; l’Italia solo 191. Ancora, sempre stando allo studio di Amazon e Teha: con 856 progetti il Paese iberico ha generato 72.416 posti di lavoro; il nostro non è andato oltre i 40.006 con 303 interventi programmatori. Si aggiunga che la Spagna ha investito sull’occupazione attraverso una legge del 2021, un patto sociale tra imprese e sindacati che ha portato all’aumento del salario minimo e a nuove regole a garanzia della sicurezza. Il risultato è stato un boom da 783mila buste paga, ciò che ha fatto scendere i disoccupati sotto la soglia dei tre milioni. A Madrid il rapporto tra forza lavoro e popolazione che effettivamente ha un impiego è pari all’80,2% contro il 71,7 dell’Italia.
Ma perché gli spagnoli sono più bravi di noi? Intanto: il Paese iberico può vantare una classe dirigente molto più giovane di quella italiana, per via di quella democrazia arrivata trent’anni dopo. Ma ai tempi di Internet e della digitalizzazione, ai tempi delle interconnessioni e della tecnologia, essere meno anziani vuol dire maggiore creatività, più flessibilità e un crescente interesse a internazionalizzare. Tutti elementi che spingono l’economia. Non è tutto: la Spagna, più di ogni altro Stato dell’Ue, «ha saputo sfruttare il potenziale dell’immigrazione», ha messo in evidenza il Financial Times: vero che i nuovi lavoratori arrivano dall’America latina, quindi non hanno il problema di dover apprendere una nuova lingua. Ma dal 2022 ne sono stati accolti una media di 600mila all’anno. Migranti che hanno assicurato al Paese iberico un bacino di manodopera inatteso, specie in quelle professioni più umili che agli spagnoli non piace fare più. Madrid ha dimostrato «come l’immigrazione – si legge sul Financial Times – possa essere un'importante fonte di resilienza economica, anche in un periodo di instabilità interna ed esterna».
Quindi, riassumendo: riforma del lavoro, apertura delle frontiere a nuovi occupati ma anche rilancio del turismo, uno dei settori trainanti del Prodotto interno lordo iberico. La Spagna offre tutto: dal mare alla montagna passando per metropoli e borghi. Nel 2024 i visitatori sono stati 94 milioni, ciò che ha permesso di accorciare la distanza con la Francia che detiene il record mondiale, a quota 102 milioni. Gli Stati Uniti sono terzi, con 72,4 milioni di turisti. La Turchia è quarta, con 60,6 milioni. L’Italia è quinta, con 57,7 milioni. Quasi la metà della Spagna. Il loro territorio, però, si estende su 506.030 chilometri quadrati; il nostro si ferma a 302.073.