Il 21 ottobre di 70 anni fa veniva canonizzato il primo sardo con un ordinario processo canonico, il cappuccino fra’ Ignazio da Laconi. L'importante anniversario per la Chiesa e la Sardegna, coincide con un'altra ricorrenza, ossia il centenario di “Voce Serafica”, il mensile fondato nel 1921 proprio dai cappuccini sardi, per volere di padre Ignazio Rossi da Carrara, allora superiore della comunità dei frati. La pubblicazione, nata con l'intento di diffondere la devozione all'allora venerabile Ignazio da Laconi e la conoscenza del francescanesimo in Sardegna, è andata avanti pressoché ininterrottamente, tranne alcuni mesi del 1943 per mancanza della carta in tipografia.

Oggi il direttore responsabile di Voce Serafica della Sardegna è Sergio Nuvoli, giornalista professionista e docente di Scrittura editoriale nel corso di laurea in Scienze della Produzione multimediale all’Università di Cagliari. In occasione dei 70 anni della canonizzazione di Sant'Ignazio, Nuvoli ha assunto l'impegno di ripercorrere i momenti salienti dei 100 anni del mensile, con uno sguardo alle origini e al contesto storico in cui la rivista ha visto la luce. «Devo dire, prima di tutto, che in me c’è un sentimento di profonda gratitudine per l’onore di dirigere questa rivista nel centenario della sua nascita, insieme al direttore editoriale Padre Vincenzo Pisanu: per me, da laico, è una sfida professionale entusiasmante», premette per poi inquadrare il periodo storico e raccontare il percorso del giornale, riportando i dettagli custoditi nella mente di chi ha vissuto quegli anni.

La storia dei frati. 

Voce Serafica nasce subito dopo la fine del primo conflitto mondiale come un bollettino di poche pagine, in un contesto di ricostruzione, di povertà materiale e spirituale, in una Sardegna che tentava di risollevarsi per l’ennesima volta. Erano trascorsi pochi decenni dalle leggi anticlericali che soppressero gli Ordini e le Congregazioni religiose e quindi anche i francescani-cappuccini delle due province sarde, Turritana al nord e Calaritana al sud con una storia gloriosa, erano ormai ridotti a pochi e in quel momento, dopo varie vicissitudini, erano uniti con la Provincia Monastica di Lucca. Questo spiega perché il primo direttore del bollettino fu proprio il toscano padre Ignazio Rossi da Carrara. «Si respirava un’aria di entusiasmo, i pochi frati evangelizzavano tutta l’isola e animavano i laici francescani formandoli spiritualmente, il cosiddetto Terz’Ordine francescano (oggi Ofs)», sottolinea Nuvoli. «Rifiorivano le vocazioni alla vita francescana-cappuccina e i frati toscani, pieni di zelo, si sentivano come investiti dalla missione Sardegna. Così - oltre a molteplici iniziative - ebbero la felice intuizione di creare il bollettino del venerabile fra Ignazio da Laconi, strumento per far conoscere la figura di questo frate sardo (che nel 1921 non era ancora santo) e mezzo utile anche per formare i laici alla spiritualità francescana». Nonostante l’analfabetismo ancora molto presente nell’Isola, il bollettino si era diffuso rapidamente. Un miracolo? «Ci sono molte possibili spiegazioni, senza ricorrere necessariamente a quelle soprannaturali. I sardi - ricorda il direttore - erano già un popolo molto religioso e devoto a san Francesco d’Assisi. Anche l’allora solo venerabile fra Ignazio da Laconi, nonostante fosse morto da oltre un secolo, era invocato da molti. La semplicità e l’umiltà con le quali si presentava consentirono al bollettino di entrare in migliaia di abitazioni: in tanti casi capitava che uno lo leggesse ad alta voce per tutta la famiglia, magari l’unico che sapeva leggere. Senza scivolare nel sentimentalismo, mi piace immaginare la scena, alla sera, prima o dopo la preghiera del rosario nei cortili delle case dei paesi durante l’estate o intorno ai focolari nelle lunghe notti invernali. Riassumerei in tre parole il successo iniziale di Voce Serafica della Sardegna: semplicità, utilità, economicità». Tre caratteristiche che, dopo 100 anni, la rivista continua a difendere.

La salma di Sant'Ignazio nella chiesa dei cappuccini a Cagliari (c.ra.)

Non tutto fu sempre facile però.«Ora se ne può parlare col sorriso sulle labbra, ma allora non fu semplice», dice Nuvoli, «proprio a livello ecclesiale ci furono delle paure e oserei dire anche delle gelosie, ma proprio perché era un’opera buona, Voce Serafica sopravvisse alle diverse peripezie e in poco tempo raggiunse una tiratura di migliaia di copie. Il mese successivo alla sua nascita contava già 1.300 abbonati (le copie stampate del primo numero andarono esaurite in pochi giorni) e la gente lo aspettava mensilmente con trepidazione. Per tanti devoti era come se san Francesco e sant’Ignazio facessero visita nelle loro case portando una buona parola e protezione. Potrebbe far sorridere, ma in ogni caso dimostra l’amore che le persone portavano all’allora venerabile fra Ignazio, semplicemente per il fatto che sulla copertina era raffigurato il suo volto. Tanti anziani - ricorda - mi hanno raccontato che ancora mezzo secolo fa il bollettino, una volta letto, veniva appeso come segno di protezione nelle scuderie e negli ovili. Non era un gesto superstizioso, ma un modo semplice di esprimere la fede e mettersi sotto la protezione del cielo. Lo scopo dei brevi articoli, notizie religiose e francescane, semplici insegnamenti catechetici che il giornale pubblicava, era quello di formare tutti, raggiungendo anche i non praticanti o i semplici “cristiani delle feste comandate”».

A 100 anni dalla nascita Voce Serafica si è trasformata, ingrandita e adeguata alle nuove tecnologie. Ma, come tiene a far sapere il direttore, si lavora preservando lo spirito iniziale. «In preparazione del centenario ho visitato più volte gli archivi di Voce Serafica e ho notato come dopo diverse crisi e soprattutto dopo quella della seconda guerra mondiale pian piano abbia ripreso vita: nel novembre 1948 uscì per la prima volta con la copertina a colori. Erano gli anni in cui ci si preparava alla canonizzazione di fra Ignazio. Aumentò il numero delle pagine, gli argomenti trattati e le notizie delle diverse opere dei frati; cambiava la grafica e il formato e soprattutto cresceva sempre più il numero degli abbonati. Voce Serafica entrava sempre in più case non solo in Sardegna, ma grazie ai sardi emigrati varcò i confini dell’Italia e dell’Europa: ancora oggi abbiamo abbonati anche in Australia. Naturalmente l’idea originale ritorna più in certi periodi che in altri: oggi, nel rispetto della volontà dei frati, preserviamo lo spirito iniziale, pubblicando le notizie delle comunità sparse in Sardegna e in Corsica e ripristinando la parte storica della rivista, dove trovano spazio le storie care ai sardi di Sant’Ignazio da Laconi, del Beato Nicola da Gesturi e di Fra Nazareno da Pula».

Saldando la tradizione con la modernità, con una redazione giovane e vivace, diffusa in tutta l’Isola, Voce Serafica continua la sua missione, traducendosi in più di 10mila copie al mese. I social sono oggi uno strumento importante per far conoscere la rivista (è presente su facebook e ci si può abbonare anche online) e diffondere in diretta alcuni avvenimenti rilevanti della vita dei frati cappuccini in Sardegna. «Con il direttore editoriale», conclude Nuvoli, «non abbiamo altri progetti, se non quello di fare del nostro meglio affinché la rivista, nonostante la sua veneranda età, mantenga la freschezza della giovinezza e sia come una visita mensile di sant’Ignazio da Laconi e dei santi cappuccini a casa di ogni abbonato».

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