C'è una spiaggia che brucia e nessuno sembra volerla spegnere. L'hanno fatto, è pur vero, i vigili del fuoco, ripetutamente intervenuti quest'estate quando le fiamme son diventate emergenza ed è scattato l'allarme, ma poi la brace nascosta sotto terra ha ripreso vita. In silenzio. Lo fa ancora, in questo tratto di costa neppure tanto lontano dalla città.

L'arenile è quello di Giorgino, e si estende sul versante sud-ovest del Golfo di Cagliari fino al litorale di Capoterra, dove la laguna di Santa Gilla incontra il mare. Maramura, la chiamano da queste parti, la costa in cui l'acqua salata si mescola a quella salmastra dello stagno.

Giorgino, che fu la spiaggia dei cagliaritani ben prima che il Poetto prendesse prepotentemente il suo posto in testa agli arenili più amati, è finita in basso nella classifica. Frequentata soltanto da pochi affezionati. Di sicuro dalle vecchie famiglie "casteddaie" (ma anche dell'hinterland) che non hanno voluto dimenticarla, abbandonarla. Sono loro, in estate, a piazzare gli ombrelloni. Magari condividendo gli spazi con gli immancabili pescatori dilettanti o se si vuole sportivi che non rinunciano a gettare la lenza fiduciosi che questa mare potrà ancora regalare spigole, orate e mormore in quantità.

Ebbene, proprio due appassionati di canna e lenza, nelle scorse settimane, la loro fedeltà a Giorgino l'hanno pagata cara. Ma non è certo con loro che il numero dei feriti dal fuoco si è fermato. Diversi altri - raccontano i frequentatori di questo lembo di litorale - hanno subito la stessa sorte: piedi bruciati e giorni e giorni di cure per superare le dolorose ustioni.

Franco Pinna di Capoterra è finito al pronto soccorso per colpa delle fiamme. Era l'11 agosto. Voleva raggiungere la battigia per una mattina di pesca, è stato costretto a salire in macchina e catapultarsi in ospedale. È costato caro anche Gino Carboni di Assemini, l'amore per la pesca sportiva. Piedi ustionati, corsa al pronto soccorso del Policlinico, settimane di pomate e garze sterili per curare le sue estremità distrutte dalla brace, da quei fuochi invisibili ma terribili che si nascondevano (e ancora lo fanno) sotto l'immenso tappeto di posidonia marina morta che ricopre la sabbia.

Perché sta tutto qui, il problema di Giorgino e dei suoi fuochi fatui. Proprio nello strato di filamenti secchi delle foglie della pianta marina che le forti mareggiate hanno per anni accumulato su Giorgino e lì sono rimaste. Insieme a milioni di palle marine (o patate, come qualcuno preferisce chiamarle) formate con gli stessi filamenti delle fanerogame durante il continuo rotolamenti sul fondo del mare.

Il fenomeno dei fuochi in spiaggia non è del tutto chiaro. Una sigaretta accesa lasciata cadere sul tappeto d'alghe? Su quello strato secco e infiammabile che per la sua consistenza e spessore ha poi custodito al suo interno la brace incendiandosi di tanto in tanto quando magari soffia un po' di vento dispensatore d'ossigeno? Oppure sono incendi legati all'autocombustione durante le giornate roventi? Interessa forse poco, l'origine. E evidente invece il rischio e l'assoluta mancanza di progetti per riqualificare questa spiaggia e salvarla dal degrado. Uno stato di abbandono che ha anche favorito le incursioni di chi - svuotate le cantine per conto proprio e per conto terzi - ha poi scelto Giorgino per disfarsene. Rifiuti facili da vedere nelle piccole e grandi discariche che incorniciano la spiaggia, meno evidenti ma reali sotto lo strato di posidonia. Come hanno ampiamente dimostrato nei giorni scorsi i volontari dell'associazione Biosalus.

Nella prima settimana di settembre, dopo gli incidenti, altri volontari delle associazioni Amici Sardegna onlus, Gruppo cavità Cagliaritane, Sardegna sotterranea e Centro servizi ambiente Sardegna hanno manifestato a Giorgino (a due passi dalle fumarole ancora attive) sistemando cartelli informativi (e soprattutto simbolici) per avvertire del pericolo. Ma anche per sollecitare interventi concreti delle amministrazioni (Autorità portuale e Comune in primo luogo) per mettere fine ai rischi e prendere di petto, una volta per tutte, il caso-Giorgino. Compreso la posidonia spiaggiata che qui, a differenza di altri arenili - a detta degli stessi biologi - non ha più funzione protettiva contro l'erosione ma è diventata, con gli anni e la mancata gestione, un potenziale pericolo per gli incendi.
© Riproduzione riservata