Questa storia la racconta anche Roberto Vecchioni, nella canzone Vaudeville. “E spararono al cantautore
in una notte di gioventù,
gli spararono per amore
per non farlo cantare più;
gli spararono perché era bello
ricordarselo com'era prima,
alternativo, autoridotto,
fuori dall'ottica del sistema”.

Quella sera non spararono a Francesco De Gregori, ma è come se l’avessero fatto. Era il 2 aprile del 1976, Milano Palalido. De Gregori aveva 25 anni e aveva appena pubblicato Bufalo Bill, un capolavoro.

De Gregori viene insultato, aggredito e processato sul palco da un gruppetto di persone collegate alla sinistra extraparlamentare, Re Nudo e Lotta Continua. Era accusato di fingere di essere di sinistra per fare soldi.

La vicenda verrà poi raccontata anche da Bennato nella canzone Era una festa. “Niente canzoni, stasera è di scena / un processo alla celebrità… Francesco non se lo aspettava, vedeva intorno a sé solo ragazzi come lui, gli dicono: Compagno sei in errore, la tua avventura adesso si conclude, noi invece andiamo avanti e non ci fermeremo mai".

L’intera vicenda è stata ricostruita nei minimi dettagli nella monumentale biografia di Francesco De Gregori, “Puoi leggermi fino a tardi di Enrico Deregibus (Giunti), di cui è uscita una recente versione aggiornata. Il fattaccio è ancora per certi aspetti oscuro. Ad esempio in qualsiasi resoconto non vi è traccia di forze dell’ordine. Eppure i tempi erano croccanti e Milano era stata teatro di diversi episodi come i 63 arresti al concerto dei Rolling Stones nel 1979, proprio al Palalido, i disordini al concerto dei Led Zeppelin al Vigorelli, interrotto dopo tre canzoni. Qualche anno si raggiungerà l’apice della violenza con le molotov e i bulloni tirati sul palco di Carlos Santana definito “schiavo della Cia”. In questo clima accadde il fattaccio. La critica non amava De Gregori. Il suo album Rimmel era stato massacrato dai puristi con perle tipo “pseudo cultura liceale e “testi da Baci perugina”.

In piazzale Stuparich quella sera c’erano sei mila persone, più mille fatte entrare senza biglietto,

niente polizia, luci accese, forse per prudenza. Racconta Deregibus: “Perdipiù l'acustica del Palalido è pessima. Da subito c'è gente che provoca, quella dei gruppi più estremi. Non sono tantissimi, forse un centinaio, ma bastano: si mettono dietro e a fianco al palco e iniziano a urlare accuse di speculazione economica e politica a quel ragazzo là sopra. L'aria sa di violenza fisica, De Gregori è spesso interrotto. La maggioranza del pubblico in realtà è lì solo per ascoltare il concerto di questo nuovo cantautore, sta dalla sua parte. Forse è proprio per evitare che il clima diventi favorevole all'artista che quelli danno fuoco alla miccia”.

Un gruppo sale sul palco e legge un comunicato contro l'arresto a Padova di un extraparlamentare. De Gregori ricomincia a cantare finché tra il pubblico uno grida: “In sala ci sono più fascisti che compagni”. Parte una rissa di 20 minuti, poi il concerto riprende e arriva fino in fondo. De Gregori si rifugia in camerino con il fratello Luigi Grechi, (l’autore de Il Bandito e il campione), e una bottiglia di vino. Il più classico dei post concerto. Ma non avrà pace. “Esci, torna sul palco a parlare con noi o sfasciamo tutto”.

Inizia un processo popolare di quasi un'ora coi non moltissimi spettatori rimasti, dove parla solo l'accusa. “Suona per i lavoratori, non ti mettere in tasca i soldi”, “Se sei un compagno, non a parole ma a fatti, lascia qui l'incasso”, «Prima si fa la rivoluzione, poi si potrà pensare alle arti o alla musica. Lo diceva anche Majakovski che era un vero rivoluzionario e si è suicidato. Suicidati anche tu”.

“Va' a fare l'operaio e suona la sera a casa tua”. De Gregori tace, o balbetta: «Fu un'aggressione – dirà – non una contestazione”.

La contestazione è quando tu prendi una persona e contesti delle cose. Quella fu un'aggressione, non ci fu nessun dialogo». Fra gli spettatori rimasti c'è anche Roberto Vecchioni: “Mi vergognai di quello che stava succedendo — ha dichiarato a Deregibus — provai anche un certo dolore. Ma come, stiamo cercando di costruire una canzone nuova e ci troviamo ancora davanti a queste cose? Fra l'altro contestavano Francesco perché non era politicamente schierato e invece aveva già scritto cose in qualche modo politiche, bastava saperle leggere”. Le orecchie degli autonomi sono intasate di ideologia. Non c’era proprio nulla da capire quella sera. De Gregori annunciò di non voler più suonare da vivo. Tornerà a cantare un anno dopo, prima con piccoli concerti e poi nei palazzetti e negli stadi, con Lucio Dalla. Ma questa è un’altra storia.

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