Oggi i medici parlano di Tec. Ma la terapia elettroconvulsivante non è altro che il più conosciuto elettroshock. Trattamento complesso che, nell’immaginario collettivo si porta dietro il retaggio di una psichiatria coercitiva e ancora oggi divide il mondo della scienza. Se da un lato ci sono i sostenitori di questa particolare terapia, dall’altro sono sempre più numerosi coloro che si oppongono e sostengono la necessità di approcci differenti alle patologie mentali perché «con una scarica elettrica non si risolvono problemi così complessi come quelli della mete umana».

Recentemente il dibattito si è acceso dopo che la Asl di Oristano ha deciso di potenziare il servizio offerto dal reparto di Pschiatria del San Martino. L’ospedale oristanese è l’unico nell’Isola (e uno dei nove in Italia) in cui l’elettroshock viene eseguito abitualmente. Ma adesso l’azienda sanitaria ha deciso di attribuire l’incarico di “altissima professionalità” a uno degli specialisti del reparto. La selezione interna è stata bandita nelle settimane scorse e «mira a riconoscere la professionalità dei nostri specialisti – spiega Antonio Mignano – direttore del Dipartimento di salute mentale della Asl 5 – e in qualche modo a gratificare l’equipe del responsabile Giovanni Guiso che, insieme al suo staff, continua a garantire un servizio importante».

Una sala operatoria del San Martino (foto archivio L'Unione Sarda)

In Sardegna da circa trent’anni è rimasto solo l’ospedale di Oristano a proporre questa possibilità di trattamento che induce una crisi convulsiva controllata tramite il passaggio di una corrente elettrica attraverso il cervello. «Una tecnica che funziona e dà benefici in certi pazienti – aggiunge – viene impiegata in casi di patologie psichiatriche gravi soprattutto in quelle situazioni in cui non si ha una risposta ai farmaci o in quelle in cui è alto il rischio di suicidio». Gli interventi Il trattamento avviene in assoluta sicurezza per i pazienti. «Viene effettuato in sala operatoria, lo psichiatra è affiancato dall’anestesista e dagli infermieri» spiega. Essendo l’unico centro nell’Isola, quello di Oristano rappresenta un punto di riferimento «arrivano pazienti da ogni parte della Sardegna» aggiunge il direttore. I numeri attualmente forse sono inferiori rispetto al passato, d’estate si trattano circa cinque pazienti al mese perché i posti sono ridotti ma la richiesta c’è sempre ed ecco perché la Asl riconosce il merito di chi da anni è impegnato su questo delicatissimo fronte. «È innegabile che siano diffuse convinzioni particolari su questa terapia – sostiene Mignano – addirittura c’è chi le attribuisce anche una connotazione politica, l’elettroshock sarebbe di destra ma in realtà non è così. È un trattamento utile, nel Nord Europa viene utilizzato in maniera massiva, persino in ambulatorio».

Le terapie farmacologiche sono impiegate nella cura delle patologie psichiatriche (foto archivio L'Unione Sarda)

Su posizioni opposte è Gisella Trincas, presidente dell’Associazione sarda per l’attuazione della riforma psichiatrica e dell’Unasam. l’Unione nazionale che rappresenta 50 associazioni impegnate in tutta Italia. «I pazienti psichiatrici hanno bisogno di servizi sanitari adeguati non di scariche elettriche – sostiene - Siamo rimasti colpito dall’enfasi con cui il commissario straordinario della Asl parla di incarico di altissima professionalità per l’elettroshock. Come se questa fosse la necessità primaria per i pazienti con sofferenza mentale». La presidente insiste sul fatto che i malati necessitano di servizi sanitari territoriali: «Non esiste un Piano regionale condiviso per la salute mentale né un piano di prevenzione – aggiunge – non si fa nulla per i giovani e fra loro i problemi sono in aumento e poi salta fuori questa novità». Nell’Oristanese e in tutta l’Isola mancano percorsi personalizzati e partecipati orientati alla ripresa. «L’elettroshock è una tecnica ma non ha nulla a che vedere con la presa in carico di una persona con problemi mentali che non possono risolversi con una scarica elettrica – ripete - Al centro del percorso di presa in cura, in salute mentale, c’è la persona con i suoi bisogni e desideri, le sue difficoltà ad affrontare la complessità della vita e delle relazioni. Ciò che serve è ricostruire rapporti di fiducia e intervenire sui fattori sociali, economici e relazionali che producono sofferenza, ritiro sociale, diffidenza. È necessario sostenere le famiglie nella comprensione delle difficoltà dei propri cari e insieme costruire piani di intervento personalizzati che evitino il peggioramento delle condizioni di salute e che diano una prospettiva di speranza per il superamento di quella sofferenza». Trincas punta sulla centralità dell’individuo con i suoi bisogni e le sue difficoltà ad affrontare la vita. «Bisogna tentare tutte le altre strade oltre ai farmaci – sottolinea – purtroppo mancano le risorse umane ed economiche, ed è su questo che bisogna concentrarsi. Poi chi vuole si può anche sottoporre all’elettroshock, ma noi lo sconsigliamo: non è quella la soluzione».

La speranza adesso è che la Asl di Oristano riveda la decisione e che dalle istituzioni, a iniziare dalla Regione vengano messi in campo interventi differenti e ad ampio raggio per aiutare i pazienti con sofferenza mentale e disagio.

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