Non c’è bisogno che qualcuno muoia per vedere capitoli della sua vita sullo schermo. Sulle piattaforme, le docuserie biografiche sono la moda del momento, celebrità internazionali e nostrane son disposte a sgomitare pur di mostrare il loro privato “controllato” al pubblico. O la propria versione di fatti noti, come nel caso di Ilary Blasi a proposito del suo divorzio da Francesco Totti: poco più di un’ora interamente dedicata al racconto suo e di chi le è amico.
Nell’ultima parte del 2023 hanno avuto successo i documentari sulla popstar Robbie Williams e su David Beckham, il calciatore divenuto star globale. “Beckham”, in particolare, ha ottenuto il favore della critica, complice anche la regia del premio Oscar (nel 2009 per il documentario “The Cove”) Fisher Stevens. Poi c’è stato “Pamela, A love story”, sulla celebre bagnina di Baywatch Pamela Anderson e “Sly” sull’attore di Rocky e Rambo. Attesissimo è “Still - La storia di Michael Jay Fox”, diretto dallo specialista di doc biografici Davis Guggenheim. Sul finire del 2022 aveva fatto discutere “Harry & Megan”, la doc sul duca e la duchessa di Sussex che aveva anticipato alcune delle rivelazioni contenute nel bestseller “Spare”.
In generale, in queste e altre produzioni si tende a mettere in luce gli alti e bassi dei personaggi, fortune e sfortune. Ma l’impressione è che in tutti i casi è chi si mette a nudo a decidere cosa mostrare e cosa no. Non per niente tra i produttori di questi titoli, spesso figurano gli stessi protagonisti del documentario.
Diverso è il caso di docuserie, sempre biografiche, ma con soggetti protagonisti noti non a tutti. Si tratta di un altro tipo di racconto. La scrittrice Fran Lebowitz che in “Fran Lebowitz - una vita a New York” (uscito nel 2020) discorre con Martin Scorsese di come è cambiata la Grande Mela piace a chi è interessato, e nessuno si chiederà «ma Fran è davvero come appare?». E lo stesso vale per “Il centro non reggerà” (uscito nel 2017 con la regia di Griffin Dunne) dove l’icona letteraria Joan Didion (scomparsa due anni fa) riflette sulla sua vita, le sue opere, i fatti raccontati da giornalista e saggista.
Tornando su livelli più commerciali, è meno battuto di quanto si immagini il terreno delle bio sugli influencer. Spopolano su instagram, ma la maggior parte non è famosa a tal punto da meritarsi una serie su di sé. C’è chi ce l’ha fatta, come Chiara Ferragni: su di lei e la sua famiglia sono state girate ben due stagioni de “I Ferragnez”. La prima, dedicata alla «straordinaria vita dell’influencer e di Fedez. Un racconto autentico in otto episodi che svela i dietro le quinte di una delle coppie più seguite di sempre. Una giovane famiglia che lotta con passione per far avverare i propri sogni e condivide momenti intimi senza filtri, a partire dalla terapia di coppia…». La seconda si addentra in «situazioni inedite»: «dal racconto toccante di Fedez che affronta il percorso per vincere la malattia, alla full immersion nella vita professionale di Chiara».
Come è noto, il materiale per una terza c’è tutto. Anzi, sul “Pandoro gate” si potrebbe creare addirittura una serie a parte. Gli ingredienti ci sono: l’ascesa dell’influencer, il marito famoso, la ricchezza e poi improvvisamente la caduta, le scuse, i contratti che si allontanano. E - forse - la riabilitazione dell’immagine. Si tratta solo di capire se i Ferragnez vorranno che diventino materiale per questo tipo di prodotto. Ma non si può escludere che qualcun altro decida di raccontare la storia, a prescindere dalla volontà dei protagonisti.

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