Subire atti di bullismo può condannare le vittime all’ergastolo della sofferenza, latente o manifesta. O, al contrario, alimentare desideri di vendetta nei confronti dei carnefici.

Su questo tema si sviluppa The Glory, serie tv sudcoreana trasmessa da Netflix in 16 puntate. La storia, che si sviluppa con continui flashback, è quella di Moon Dong-eun, bambina fragile, senza un padre e con una madre alcolista e tossicodipendente che la abbandona presto, che a scuola subisce più che atti di bullismo vere e proprie torture fisiche e psicologiche da parte di un gruppo di ragazzini tanto benestanti e viziati quanto crudeli. Nella palestra scolastica Moon Dong-eun viene costantemente umiliata e bruciata con una piastra da capelli rovente che le procura sofferenze atroci e cicatrici indelebili sul corpo e nell’anima.

Il contesto rappresentato da Kim Eun-sook, che ha scritto la sceneggiatura, e da Ahn Gil-ho che ha diretto la serie, è quello di una società che non sa proteggere le persone deboli, corrotta, succube dei ricchi che possono comprare poliziotti, dirigenti scolastici e famiglie per indurle a tacere sui soprusi subiti. E infatti ogni volta che la vittima va dal preside a denunciare ciò che le accade non solo non viene creduta ma viene da lui maltrattata, schiaffeggiata e ulteriormente umiliata.

Regista e sceneggiatore sanno raccontare benissimo questo clima di forti contro deboli, ricchi contro poveri, sanno coinvolgere lo spettatore, lo costringono a immedesimarsi nella vittima, sanno rendere odiosi i carnefici, sanno toccare i sentimenti.

Moon Dong-eun è costretta ad abbandonare la scuola dopo che le ricche famiglie dei bulli, con la complicità dei loro costosi avvocati e l’accondiscendenza dei dirigenti scolastici, riescono a scovare la madre della vittima e – in cambio di denaro che utilizzerà per ubriacarsi - le fanno firmare un modulo di ritiro della figlia infliggendole una ulteriore umiliazione.

I colpi subiti alimentano il desiderio di vendetta della vittima che pianificherà la sua vendetta nei confronti di ciascuna delle persone che le hanno rovinato la vita. Una vendetta che punta a restituire ai suoi carnefici le stesse umiliazioni e le stesse sofferenze che ha subito lei. Prima di tutto Moon Dong-eun studia, si laurea, diventa un’insegnante e si fa assumere nella scuola frequentata dalla figlia di Park Yeon-Jin, maltrattatrice da studentessa nel frattempo diventata star delle previsioni meteo in una tv nazionale e sposata con un ricco costruttore. Con un lavoro sottile, erode ogni giorno la solidità del rapporto tra i due anche perché sa alcune cose determinanti: la prima è che la bimba non è, in realtà, figlia dell’uomo con cui è sposata – che non sa nulla – ma di un altro dei bulli, nel frattempo diventato un big della moda, anche lui ignaro di essere il padre naturale della bambina. Ma Moon Dong-eun sa, soprattutto, che Park Yeon-Jin quand’era a scuola ha ucciso un’altra ragazza, bullizzata come lei, gettandola dal tetto di un palazzo, il cui cadavere è congelato nella camera mortuaria di un ospedale grazie alla complicità di un poliziotto corrotto.

Di ogni persona che l’ha maltrattata, Dong-eun conosce le debolezze, gli scheletri nascosti. E per tutti elabora un piano di vendetta preciso, subdolo, sofisticato. Lo attuerà con il sostegno inatteso di Joo Yeo-jeong, giovane medico figlio di un chirurgo ucciso da un paziente squilibrato. Un ragazzo disposto a mettere in gioco la sua sicura carriera – la madre è proprietaria di un grande ospedale – per sostenere la vendetta della sua amica e, nel contempo, consumarne una sua.

Ogni puntata riserva una sorpresa, sino al compimento del progetto. Il piano va a buon fine ma questo non è uno spoiler. E’ il modo in cui le cose accadono che rende la serie affascinante anche per chi non è abituato ai linguaggi cinematografici asiatici. Sceneggiatori, regista e attori rappresentano il meglio della nuova generazione sudcoreana, critica nei confronti di un sistema che nasconde crepe profonde.

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