Auto elettriche, il secondo crack della Fisker
I marchi che producono veicoli a zero emissioni si moltilplicano, ma c’è chi rischia di soccomberePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
L’elettrificazione delle auto sta modificando radicalmente il mercato e negli ultimi dieci anni ha moltiplicato i marchi che producono vetture a zero emissioni.
E se Tesla è il precursore e continua a crescere, altri marchi nati sulla scia dell’azienda di Elon Musk conquistano fette di mercato sempre crescenti (soprattutto quelli cinesi) mentre altri ancora rischiano di morire.
E’ il caso della Fisker, startup americana fondata nel 2016 dal danese Henrik Fisker – un passato da responsabile della progettazione delle più belle Aston Martin nonché dell’originale Bmw Z8 - che produceva un suv di alta qualità, la Ocean. Dopo una crescita esponenziale, anche grazie agli investitori che hanno creduto nel progetto, i deludenti risultati finanziari dello scorso anno hanno portato in pochi mesi prima al delisting dalla Borsa di New York, poi al licenziamento del 15% della forza lavoro, allo stop per sei settimane della produzione e infine a importanti tagli dei prezzi per tentare di vendere migliaia e migliaia di auto prodotte e ferme nei piazzali. Infine la chiusura del quartier generale in California e il ricorso al Chapter 11, cioè la richiesta di fallimento dopo che sono andati a vuoto i tentativi di trovare un’intesa con un altro produttore automobilistico per una sinergia produttiva.
Secondo quanto riporta “Quattroruote”, nella procedura avviata nello stato del Delaware, Fisker ha dichiarato di possedere beni tra i 500 milioni e il miliardo di dollari, passività tra i 100 e i 500 milioni di dollari e un numero di creditori tra i 200 e i 999.
Ora, secondo la rivista specializzata, “la Fisker può avviare un’operazione di ristrutturazione interna volta ad appianare i debiti e risanare l’azienda, tramite un piano proposto dalla società stessa”.
Ora ci sarà un tentativo di vendita degli asset per tentare di ripianare i debiti e se il tentativo andrà a buon fine ci potrebbe essere una possibilità di salvezza. “Al momento la produzione rimane ferma e le attività della Fisker sono ridotte al minimo essenziale”, aggiunge Quattroruote.
Peraltro per l’imprenditore danese non si tratta del primo fallimento: la Fisker Automotive, fondata nel 2007 dichiarò bancarotta nel 2014 e venne acquistata dai cinesi di Wanxiang, che ne favorì la rinascita.
La prima vita della Fisker iniziò nel 2007, quando l’ex progettista riuscì a raccogliere un po’ di denaro da un gruppo di investitori e fondò un’azienda che intendeva produrre vetture ibride.
Grazie a un accordo con Mercedes-Benz e Bmw, che fornirono telai e motorizzazioni, Fisker progettò la Karma, una sportiva che ricordava proprio un Aston Martin. La presentò al salone dell’auto di Detroit nel 2008 e raccolse altri investimenti, anche del governo statunitense. Nel 2011 iniziò la produzione in Finlandia e poco dopo l’imprenditore acquistò un ex stabilimento della General Motors nel Delaware.
Ma a pochi mesi dall'entrata in commercio, la Karma evidenziò dei difetti che portarono al richiamo delle auto prodotte, con notevoli costi da parte dell'azienda. Poco dopo, nel 2012, il fornitore di batterie dichiarò bancarotta e la produzione della Karma venne fermata. Lo stesso anno l’azienda subì danni ingenti a causa dell’uragano Sand. L’insieme di questi fatti portò l’azienda a dichiarare bancarotta a poco più di due anni dall’inizio della produzione.
Qualche mese dopo la tecnologia e le proprietà della Fisker vennero rilevate dall'azienda cinese Wanxiang per 150 milioni di euro, ma l’uso del marchio rimase nella disponibilità di Fisker che nel 2016 fondò una nuova società, questa volta per produrre Suv elettrici.
Chissà se sarà la fine o il geniale Fisker rinascerà ancora una volta.