In un mondo funestato dalle paure (riscaldamento globale, guerra nucleare, disoccupazione, segni dell’età, e via temendo), l’ultima nata è impacchettata nel neologismo “notriphobia”. «Basta scomporlo per afferrare il significato», spiega la psichiatra Tiziana Corteccioni che sul tema pubblica una dettagliata analisi online, «no, trip dall’inglese “viaggio” e fobia dal greco phóbos ovvero “paura, timore”. Nasce come una preoccupazione eccessiva dell’indifferenza altrui, della mancanza di connessione emotiva e di empatia».

Le origini

Il sasso nello stagno è stato lanciato dal portale “Pirati in viaggio” durante la presentazione della seconda edizione dell’Osservatorio sui trend estivi dei vacanzieri: «In concomitanza con l’avvicinarsi della stagione estiva aumentano le emozioni legate ai viaggi e alle prenotazioni delle agognate ferie. Quattro italiani su dieci soffrono di notriphobia, ovvero la paura di non aver nessun viaggio prenotato». Boom. «Ad essere in ansia e preoccupati sono in particolare gli appartenenti alla generazione Z, dato che in questo caso il rapporto sale a più di cinque su dieci (53%). Entusiasmo e felicità sono invece le sensazioni più comuni dopo aver prenotato un viaggio, rispettivamente con il 67% e il 60% di preferenze». Ora: data la fonte (portale di viaggi) qualcuno potrebbe ipotizzare un certo interesse a calcare la mano sulla diagnosi. Fatto sta che da quel momento il termine trasloca nell’uso comune, non si sa quanto davvero indicativo di una patologia, dando la possibilità al collega o all’amico preoccupato di far rotolare l’insidioso interrogativo in una conversazione sino a quel momento piana: sei mica notrifobico?

Psichiatri

Tiziana Corteccioni la guarda con gli occhi della psichiatra: «Oggi il termine viene utilizzato per indicare una paura marcata e persistente di non riuscire a prenotare un viaggio. Gli esseri umani sono per natura animali sociali ma per alcuni il controllo sociale è fonte di estrema angoscia. Gli individui affetti da fobia sociale, ad esempio, soffrono di una preoccupazione eccessiva e spesso invalidante per la minaccia potenziale o reale di un possibile giudizio sociale. La fobia sociale è riconosciuta come un disturbo d’ansia relativamente comune e significativamente invalidante. Quello che differenzia la fobia sociale dalla notriphobia è che nel primo disturbo si teme un interazione sociale mentre nel secondo si ha paura che, a causa dell’assenza del viaggio, la socializzazione non avvenga nei modi sperati. Alla base dei disturbi sembrerebbe esserci una bassa autostima».

I sintomi

Ovviamente variano da paziente a paziente, «ma comprendono somatizzazioni ansiose che possono arrivare a raggiungere l’intensità di un attacco di panico, comportamenti ossessivi quali controllare ripetutamente internet per prenotare viaggi, labilità emotiva, irritabilità, sentimenti di solitudine». La cura? «La terapia cognitivo-comportamentale per modificare i modelli di pensiero negativi e migliorare l’autostima. Pratiche di meditazione e consapevolezza come la mindfulness possono aiutare a ridurre l’ansia e a vivere il momento presente senza preoccuparsi eccessivamente dell’opinione altrui. Il supporto sociale, l’attività fisica e la limitazione dell’uso dei social media possono aiutare ad arginare il disturbo. Raramente è necessario il supporto di una terapia farmacologica». Ricapitolando: metti in pausa i social, fai lievitare l’autostima e, se proprio non puoi viaggiare, goditi la routine. Sicuri che sia difficile riuscirci?

© Riproduzione riservata