Aggressione agli agenti e, nei servizi di accompagnamento in ospedale, a medici e infermieri. Tentativi di suicidio, alcuni tragicamente compiuti. E poi droga e telefoni cellulari ritrovati nelle celle o comunque nella disponibilità dei detenuti. Fino ad arrivare alle evasioni sventate. Ogni giorno i penitenziari della Sardegna si trasformano in terra di battaglia con gli agenti della Polizia Penitenziaria sfiniti e con un organico ridotto rispetto al lavoro da svolgere. I sindacati denunciano e denunciano queste situazioni da anni, oramai decenni. Ma la situazione non sembra cambiare. Con il timore che prima o poi possa accadere qualcosa di irreparabile.

Il carcere di Bancali a Sassari

La cronaca racconta quasi ogni giorno di episodi di violenza e pericolo nelle carceri della Sardegna. Come avvenuto a inizio mese con tre agenti sono aggrediti da un detenuto con un bastone nel carcere di Uta: colpiti anche al volto e in altre parti del corpo, sono stati trasportati con un’ambulanza in ospedale. L’azione violenta è stata compiuta con un “piede” di un tavolo usato appunto come arma, compresi i chiodi. «Purtroppo continuano senza tregua le aggressioni», è stata la denuncia del segretario generale della Uil Pa Polizia Penitenziaria della Sardegna, Michele Cireddu. «I detenuti con problemi psichiatrici continuano purtroppo a creare un numero di eventi critici abnorme e insieme ai detenuti facinorosi, che il Dipartimento ha la premura di inviare costantemente dalla penisola, rappresentano un vero mix esplosivo». E gli agenti non riescono a garantire la sicurezza dei detenuti e dello stesso personale della Polizia Penitenziaria: «Paghiamo l’organizzazione del lavoro che vede un impiego spesso al di sotto dei livelli di sicurezza nelle sezioni detentive, contrariamente a quanto avviene negli incarichi meno operativi». E a Bancali è di pochi giorni fa la notizia della scoperta di mezzo kg di sostanze stupefacenti: cocaina e hascisc. La denuncia del sindacato Sappe non si era fermata qui perché erano state recuperati anche quattro coltelli a serramanico e a due telefoni cellulari. L’associazione di categoria, attraverso il segretario generale Donato Capece, ha chiesto al provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria di intervenire «per attuare misure come quelle di schermare le carceri e di dotare tutti i reparti del corpo di polizia penitenziaria di opportuni sistemi per rendere inattivi i sorvoli sulle strutture».

Un altro problema più volte denunciato è quello dei trasporti dei detenuti, in particolare quelli con problematiche psichiche, in ospedale per visite o urgenze. A fine febbraio, al pronto soccorso del Santissima Trinità, proprio un detenuto che voleva dosi più massicce di farmaci per curare i suoi problemi psichiatrici se l’è presa con il medico, poi con gli agenti di scorta della Polizia penitenziaria che, benché fosse ammanettato, hanno dovuto faticare per immobilizzarlo mentre sferrava calci e pugni. E durante il viaggio di ritorno verso il carcere di Uta, nel blindato, ha battuto più volte la testa contro i montanti del mezzo, minacciando di morte gli agenti e di accusarli falsamente di averlo picchiato. La segreteria regionale del Sappe, il Sindacato autonomo polizia penitenziaria, ha ribadito che «la gestione dei detenuti psichiatrici e problematici è sempre più complessa. Un problema che la politica regionale», come ha sottolineato il segretario Luca Fais, «deve assumere l’impegno di consegnare con urgenza il repartino detentivo sanitario. È semplicemente assurdo che il repartino detentivo all’ospedale di Is Mirrionis sia utilizzato come deposito». E proprio a fine febbraio la giunta regionale ha approvato la delibera «per l’istituzione», come sottolineato dall’assessore della Sanità, Armando Bartolazzi, «di un reparto dedicato ai detenuti che necessitano di cure prolungate in caso di patologie complesse programmate non richiedenti l’intervento in emergenza. Il reparto avrà quattro posti letto. Spetterà ora alla Asl 8 attuare il provvedimento attraverso apposite modalità organizzative e gestionali». Ora si attendono i fatti.

E sempre il Sappe aveva denunciato la scoperta fatta dai poliziotti che si erano attivati per ritrovare un paio di forbici scomparse dalla cucina detenuti. Lo smarrimento aveva creato allarme e gli agenti avevano cominciato a perquisire le celle delle sezioni comuni trovando però tutt’altro. Al termine delle ricerche infatti sono saltati fuori due telefoni cellulari, una siringa e diversi caricabatteria. Anche la forbice alla fine è stata rinvenuta nell’Area Verde della struttura. «Grazie alla professionalità di tutto il personale coinvolto», queste le parole di Antonio Cannas, segretario regionale del sindacato Sappe, «le operazioni si sono svolte in sicurezza».

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