Per ottenere un risultato di spessore occorre molto più del talento, specialmente in una disciplina come l’atletica leggera. Servono dedizione, meticolosità e perseveranza: qualità fondamentali che non mancano di certo a Daniele Desogus che sabato scorso al ‘’Santoru’’ di Cagliari si è laureato campione sardo Assoluto sui 100 con il crono di 10’’87 che per il ventottenne di Villasor – atleta della Gonone Dorgali del presidente Ignazio Sagheddu - rappresenta anche il nuovo personale, sei centesimi meglio rispetto al 10’’93 dello scorso anno. Un tempo dietro cui si cela uno studio attento, Desogus è a sua volta tecnico di giovani promettenti come Silvia Aru e Marianna Alivia, e la consapevolezza che la maturità atletica è la diretta conseguenza di tanti, piccoli passi compiuti giornalmente. I 100 hanno rappresentato nel corso dei campionati sardi una delle prove di maggior contenuto tecnico della manifestazione: Desogus affronta la finale con serenità, corre in corsia 5, pettorale 848, in batteria un crono che fa ben sperare di 10’’97. Tra i suoi punti di forza c’è la partenza e, infatti, proprio grazie a un’ottimo avvio guadagna subito un margine prezioso, per poi distendersi bene dopo i primi trenta metri; accanto a sé in corsia 4 ha Daniele Pisanu della Delogu Nuoro e in corsia 6 Diego Nappi. Quest’ultimo cerca di rinvenire ma Desogus resiste alla tenace rimonta del giovanissimo velocista dell’Atletica Porto Torres, riuscendo a fare suo il titolo regionale. Un titolo che per il portacolori della Gonone Dorgali, professore di Educazione Fisica al Liceo Scientifico Alberti del capoluogo, sancisce un nuovo inizio dimostrando che vale sempre la pena perseguire un obiettivo e che l’impegno profuso, a tempo debito, darà i suoi frutti.

Desogus finalmente è arrivato il primo titolo sardo a livello individuale. Se lo aspettava?

«Sono sincero, non me l'aspettavo anche perché c’erano avversari molto competitivi. Diciamo che ci speravo in cuor mio anche perché sapevo di essermi allenato bene, quindi questo mi ha dato una marcia in più».

Che sensazioni aveva in gara?

«Buone, la giornata non era tra le migliori ma già in batteria mi sono accorto di correre facilmente sotto gli 11 secondi e questo mi ha dato molta fiducia. In finale ero rilassato, sapevo di poter dire la mia e confrontarmi con ragazzi di talento mi ha galvanizzato, spingendomi a dare il meglio di me».

Per una questione di millesimi lei ha avuto la meglio su Diego Nappi, uno dei talenti più cristallini che l’atletica sarda ha mai espresso nella sua storia.

«Già, non posso che essere onorato di ciò. Sfidare Diego è stato molto bello anche perché abbiamo un ottimo rapporto sia con lui che con il suo tecnico Marco Trapasso, un allenatore di grande umiltà e molto preparato. Siamo spesso in contatto, è capitato anche di allenarci più volte assieme. Che altro dire su di lui? È un talento immenso, è ancora giovanissimo e può crescere davvero tanto nel corso degli anni».

Il suo 2023 è cominciato in maniera positiva con le indoor, adesso è arrivato il titolo sardo: come proseguirà la stagione?

«Le indoor sono una tipologia di gara che apprezzo tanto, mi divertono. Quest’anno, il 29 gennaio ad Iglesias, ho realizzato il mio personale sui 60 in 7’’05 e sicuramente questo è stato un buon inizio.  Attualmente sto osservando un periodo di riposo a causa di una infiammazione ai bicipiti femorali, una volta ripreso a correre inizieremo gradualmente con gli allenamenti. Molto probabilmente gareggerò nell'impianto del Cus Cagliari a Sa Duchessa il 7 giugno».

A proposito del Cus Cagliari, tra le figure più significative nel suo percorso c’è Rita Demontis. Quanto è stata importante per lei?

«Rita è stata fondamentale, per me è come una madre. Sono stato seguito da lei dal 2011 al 2017 e rappresenta una figura essenziale nel mio percorso sportivo e umano. Mi ha trasmesso la sua grande passione, insegnandomi a vivere l’atletica con tranquillità e facendomi capire quanto è prezioso saper aspettare e calibrare ogni decisione. Vederla in campo allenare i ragazzi mi ha spinto a mia volta a intraprendere questa strada, tuttora per il sottoscritto è un punto di riferimento unico».

Il suo tecnico è Stefano Caneo, responsabile del settore velocità del comitato regionale. Che ruolo ha avuto nella sua crescita?

«Stefano è, prima di tutto, un amico fraterno oltre che un tecnico giovane, preparato e di grande esperienza. Mi segue dal 2019, con lui diamo vita a un continuo confronto molto stimolante dove cogliamo costantemente nuovi spunti di riflessione. Mi ha sempre spinto a dare il meglio di me, spronandomi anche nei momenti in cui i risultati cronometrici non corrispondevano a ciò che valevo realmente. Il nostro è un rapporto di totale fiducia, fattore essenziale sia dal punto di vista agonistico che umano».

Su cosa si concentrerà maggiormente questa stagione?

«Sicuramente sui 100 e sui 200, in particolare sul mezzo giro di pista vorrei scendere sotto i 22 secondi avendo un personale di 22’’19 realizzato però con tanto vento contro. Mi piacerebbe disputare anche una gara all’estero, è un’esperienza che non ho mai fatto e che sono certo potrebbe darmi nuovi stimoli».

Lei nasce come quattrocentista: quando la rivedremo sul giro di pista?

«I 400 sono sicuramente una gara che amo, non li disputo dal 2015 ma l'intenzione di rimettermi in gioco c’è non lo nascondo, soprattutto tenendo conto del fatto che ho migliorato la mia velocità di base e che potrebbero consentirmi di allungare la mia carriera: dopo i trent'anni ci si può togliere ancora belle soddisfazioni, in Sardegna abbiamo l'esempio di Daniela Lai che a 44 anni continua ad essere una delle velociste e saltatrici di punta del movimento regionale. Potrei fare un test a fine anno ma ancora è presto per dirlo; sicuramente, però, dal prossimo anno il giro di pista tornerà ad essere un obiettivo importante. Vorrei anche rifare un 400 ostacoli, nel 2012 li corsi in 58’’77, è una gara che mi piace dove vorrei rimettermi alla prova».

Lei in passato, nella categoria Juniores, ha disputato anche gli 800. In futuro gareggerà nuovamente anche sul doppio giro di pista?

«Sinceramente non credo. Fare gli 800 è stato sicuramente formativo ma, pur essendo una gara affascinante, non la sento particolarmente nelle mie corde, io ho una predisposizione nettamente maggiore per le gare più veloci».

Facciamo un passo indietro: come si è avvicinato all’atletica?

«Nel 2009, ho mosso i primi passi all’Atletica Serramanna in un periodo in cui stavo recuperando da un infortunio al ginocchio che mi procurai quando giocavo a calcio. Da quel momento in poi, mi sono appassionato sempre di più e non ho mai smesso, nonostante gli istanti difficili vissuti come un intervento proprio al ginocchio nel 2017 che per lungo tempo mi ha limitato».

Oltre ad essere un atleta, lei è anche un professore di Educazione Fisica. Quanto è importante per lei questo ruolo?

«È un compito molto importante e di grande responsabilità, insegnare è un’esperienza che ti offre tanti stimoli permettendoti di stare a contatto con giovani. Soprattutto in questa fase, dove tra me e i miei alunni la differenza di età è poca, si viene a creare un rapporto particolarmente diretto e molto sincero: questo è un aspetto che amo e da cui è possibile trarre riflessioni preziose».

Per lei cosa rappresenta l’atletica?

«L’atletica, in qualsiasi veste la si pratichi, è prima di tutto una grande passione. Andare al campo deve essere un piacere, tutto il resto si costruisce con naturalezza e serenità senza essere ossessionati dalla ricerca del risultato».

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