Il comandante ha patteggiato un anno e 11 mesi di reclusione, mentre i due ufficiali di coperta hanno concordato una pena di un anno e 5 mesi. La società armatrice, invece, è stata condannata ad una pena pecuniaria, mentre la compagnia che gestiva la motonave Cdry Blue proseguirà l’udienza preliminare davanti alla giudice Manuela Anzani. Si è chiuso così, almeno in parte, il procedimento penale aperto per disastro ambientale marino, inquinamento e naufragio colposo aperto la sera del 21 dicembre 2019, quando il mercantile si incagliò a Capo Sperone, davanti alle coste di Sant’Antioco, sversando in mare una ingente quantità di idrocarburi.

Il patteggiamento

Dopo l’inchiesta della pm Maria Virginia Boi, ereditata poi dal collega Andrea Vacca, i difensori del comandante e dei due ufficiali hanno concordato il patteggiamento con la Procura, possibile anche perché la società armatrice aveva già compiuto operazione di ripulitura ambientale e bonifica subito dopo il naufragio. Cosi, ieri pomeriggio, la giudice Anzani ha firmato il via libera all’accordo sulle pene, leggendo la sentenza che condanna Antonio Di Bello ad un anno e 11 mesi di reclusione (con pena sospesa), e un anno e 5 mesi a testa a Michele Rosetti e Mirko Zenone (anche per loro la pena è sospesa). La società armatrice R&S Marittime srl, invece, dovrà pagare una pena pecuniaria. L’udienza preliminare, invece, proseguirà il 23 dicembre per la società Nuova Service srl, a cui viene contestata una responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.

Il disastro

L’enorme nave salpata da Cagliari si incagliò davanti alle coste di Sant’Antioco, sversando in mare circa 63 tonnellate di idrocarburi: nafta, olio lubrificante, acque oleose di sentina e altri derivati del petrolio. Gran parte del materiale inquinante non venne mai recuperato: da qui la contestazione di disastro ambientale. Le 12 persone a bordo vennero messe in salvo dagli elicotteri della Guardia costiera, mentre il relitto rimase sulla scogliera per lungo tempo in attesa della demolizione e successiva rimozione. A eseguire gli accertamenti di polizia giudiziaria per conto della Procura furono gli investigatori del Nucleo Speciale d'Intervento (NSI) del comando generale delle Capitanerie di Porto di Roma. Per gli inquirenti a causare il disastro sarebbero state delle condotte colpose messe in atto dal comandante e da due ufficiali di coperta della nave, con la navigazione che sarebbe avvenuta in violazione con le norme attinenti alla sicurezza della navigazione.

All’udienza erano presenti anche gli avvocati delle parti offese, Giovanni Aste per il Comune di Sant’Antioco e Roberto Peara e Diego Aravini per Legambiente. 

Francesco Pinna

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