Il cervello e il midollo spinale sono avvolti da specifiche membrane chiamate meningi. Quando queste si infiammano, per cause che possono essere batteriche, virali o fungine, si sviluppa la meningite, una patologia che non deve essere sottovalutata. 

Il contagio

Uno dei luoghi comuni diffusi in merito alla malattia è il suo grado di contagiosità, ritenuto in genere particolarmente elevato. In realtà, affinché avvenga effettivamente il passaggio da un soggetto a un altro, è necessario un contatto stretto e prolungato con la persona colpita dall’affezione. L’infezione è trasmessa in genere tramite le goccioline di saliva, che possono essere disperse nell’aria attraverso starnuti e colpi di tosse oppure durante una conversazione.

Nel momento in cui si verifica un caso di meningite, si cerca proprio di andare a stilare un elenco di “contatti stretti”, che comprende conviventi (viene equiparato al convivente anche chi si trova a lungo nello stesso ambiente di studio o nello stesso ambiente di lavoro); chi ha dormito o mangiato di frequente nella casa del malato; le persone che nei sette giorni precedenti ai sintomi hanno avuto contatti diretti con la saliva del malato, anche per via indiretta (stoviglie, giocattoli); i sanitari esposti direttamente alle secrezioni respiratorie del paziente.

Si tratta di una patologia che può colpire anche i soggetti adulti, ma la diffusione maggiore è nelle fasce ritenute universalmente più a rischio, vale a dire i neonati, i bambini nei primi anni di vita o le persone anziane che hanno il sistema immunitario compromesso o comunque non funzionante nel migliore dei modi a causa di malattie pregresse o di condizioni temporanee che hanno abbassato le difese immunitarie del soggetto in questione.

La sintomatologia

A prescindere dall’origine della malattia, la sintomatologia è la stessa: rigidità nucale (la parte posteriore del collo si irrigidisce in maniera innaturale), febbre molto alta, cefalea, nausea, vomito, convulsioni e forte sonnolenza. Nel caso dei neonati, si può riscontrare anche un rigonfiamento della fontanella anteriore. Uno dei problemi principali, per quanto riguarda i più piccoli, è che molti di questi sintomi non possono essere comunicati e pertanto arrivare alla diagnosi diventa più complicato. Bisogna dunque prestare attenzione soprattutto a scarso appetito, irritabilità, sonnolenza e febbre, frequenti già nella fase iniziale della malattia.

Le cause

Esistono tre cause principali dell’insorgenza della meningite: batteri, virus o funghi. La patologia, nella sua forma virale, è la versione più comune e meno grave. Viene denominata anche meningite asettica, non comporta conseguenze particolarmente serie e generalmente si risolve nell’arco di sette-dieci giorni. Gli agenti virali più diffusi sono il virus dell’influenza, l’herpesvirus e l’enterovirus. Discorso ben diverso per la forma batterica, molto più rara ma con conseguenze potenzialmente letali. Il meningococco è il batterio più comune, ma ne esistono di diversi sierogruppi: in Italia e in Europa i più diffusi sono i sierogruppi B e C. Gli altri agenti batterici sono lo pneumococco e l’Haemophilus influenzae. Mette a rischio la vita anche la meningite da funghi o miceti, che si manifesta soprattutto in persone che presentano un forte deficit della risposta immunitaria e può rappresentare un pericolo da non sottovalutare. Ogni tipologia si porta dietro un periodo diverso di incubazione: quella virale varia dai tre ai sei giorni, per quella batterica invece si può arrivare fino a dieci giorni. La malattia è contagiosa nella fase acuta e nei giorni che precedono la comparsa dei sintomi. La meningite e la sepsi meningococca possono presentarsi con forme cosiddette “fulminanti”, che evidenziano un peggioramento delle condizioni nel giro di pochissime ore.

Come si diffonde nell’organismo

L’infezione si genera abitualmente in un punto del corpo diverso dalle meningi, che vengono però raggiunte attraverso il flusso sanguigno. La meningite può anche rappresentare una degenerazione di un’otite o di una sinusite, oltre che di un’infezione a livello cerebrale che può derivare da una lesione cranica.

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Il ruolo dei vaccini nella prevenzione: non sono destinati esclusivamente ai bambini piccoli

Contro la meningite da meningococco di tipo B, nota con il termine scientifico di “Neisseria meningitidis”, esiste un vaccino specifico, che rappresenta la principale difesa preventiva contro l’insorgenza di questa malattia.

In Italia, in particolare, il vaccino è raccomandato a tutti i nuovi nati durante il primo anno di vita, con somministrazione di tre oppure quattro dosi: ultimamente prevale la prima opzione, con la prima iniezione a tre mesi, la seconda a cinque mesi e la terza superato l’anno (nella fascia tra i 13 e i 15 mesi). La somministrazione può essere effettuata insieme a vaccini come l’esavalente, il cosiddetto “pneumococcico coniugato”, e quelli contro il morbillo, la parotite, la rosolia e la varicella. Il ministero della Salute raccomanda però che la vaccinazione avvenga almeno a 15 giorni di distanza dalle altre.

Contro il meningococco C

Lo stesso ministero consiglia il vaccino coniugato anche contro il meningococco di sierogruppo C, sebbene negli ultimi anni sia stato spesso sostituito dal cosiddetto “coniugato tetravalente A, C, W135, Y”.

La dose, in questo caso, è unica durante l’infanzia, con una sola somministrazione che avviene tra il tredicesimo e il quindicesimo mese di vita, con una dose di richiamo da somministrare durante l’adolescenza, in particolare a partire dagli 11 anni di età.

Esistono inoltre alcuni soggetti che devono essere vaccinati anche in età adulta: si tratta di persone affette da patologie come talassemia, anemia falciforme, diabete di tipo 1, insufficienza renale, malattie del fegato, immunodepressione (o immunodeficienza), asplenia funzionale o anatomica, perdita di liquido cerebrospinale. I vaccini sono anche destinati a chi deve restare a lungo (soggiorno superiore al mese) in zone endemiche oppure a chi deve viaggiare in aree epidemiche anche per periodi molto brevi.

Non è invece raccomandata la vaccinazione negli adulti non precedentemente vaccinati durante l’infanzia e che non presentano i fattori di rischio precedentemente citati. In ogni caso, è consigliabile sempre rivolgersi al proprio medico di base per avere un quadro aggiornato della gestione di queste situazioni.

Grazie all’inesauribile lavoro della ricerca, sono stati sviluppati inoltre altri due vaccini specifici contro alcune delle forme batteriche di meningite: quelli contro l’Haemophilus Influenzae B (emofilo tipo B) e contro lo Streptococcus pneumoniae (pneumococco).

Gli effetti indesiderati

Alla luce delle evidenze maturate negli anni, è emerso che tra il 5 e il 10% delle persone può segnalare un indolenzimento e un rossore nella sede in cui viene somministrato il vaccino; dal 2 al 5% dei soggetti presenta invece reazioni come febbre, disturbi intestinali (vomito, diarrea o inappetenza), irritabilità e disturbi del sonno.

Gli effetti collaterali non superano generalmente le 24-48 ore, mentre sono estremamente rare le reazioni di tipo allergico e disturbi specifici come gli attacchi convulsivi.

Non devono assolutamente essere vaccinati quei bambini che hanno manifestato una reazione allergica grave a una dose precedente o a qualsiasi componente contenuto all’interno del vaccino.

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Meningite, cure e profilassi: individuare il ceppo è fondamentale

Il trattamento della meningite è un protocollo d’urgenza. Bisogna infatti intervenire in tempi rapidissimi: la tipologia batterica può essere affrontata con gli antibiotici, come si legge sul sito del ministero della Salute, ma la cura è più efficace quando viene individuato il ceppo responsabile dell’infezione. Un aspetto, questo, particolarmente prezioso anche per limitare i contagi e definire la profilassi dei contatti a rischio. Nel caso di meningiti virali, invece, la terapia antibiotica risulta inappropriata, ma la malattia è generalmente molto meno grave rispetto alla forma batterica e questo consente, nella maggior parte dei casi, di risolvere i sintomi nel corso di una settimana-dieci giorni anche senza la necessità di una terapia specifica. I farmaci che possono essere prescritti in caso di meningite virale sono quelli che riescono in qualche modo ad arginarne i sintomi, come la febbre o il mal di testa. Se invece a originare la meningite è stato un virus della famiglia degli herpes, è disponibile un farmaco antivirale apposito. Bisogna inoltre ricordare che esistono alcune rarissime forme di meningite non infettiva: è il caso di quelle patologie che si sviluppano o in seguito all’assunzione di alcuni farmaci oppure come complicanza di altre malattie: i fattori di rischio principali, in questo secondo caso, sono il lupus erimatoso e la neurosarcoidosi.

La profilassi

La profilassi è un percorso delicatissimo eppure essenziale in caso di contatto stretto con una persona affetta da meningite. Innanzitutto è fondamentale identificare il patogeno per poter scegliere la misura più adatta. Occorre quindi identificare le persone che possono essere potenzialmente a rischio, da sottoporre immediatamente a una sorveglianza sanitaria: quest’ultima può durare al massimo dieci giorni, considerando l’incubazione della malattia nella sua forma batterica.

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