Nonostante il brusco calo delle temperature l’estate è tutt’altro che finita. E nella borsa del perfetto bagnante non possono mancare, va da sé, il telo da mare e la crema solare. Ma anche gli occhiali da sole e una carta di credito. Utile a pagarsi da bere al bar come per rimuovere dalla pelle i tentacoli della medusa.

È uno dei sistemi pratici adottati, all’occorrenza, anche dai bagnini. «Tra quelli di emergenza, per grattare via il tentacolo rimasto attaccato alla pelle al contatto con la medusa è il più efficace», esordisce Alessio Frasconi, guardaspiaggia de Lo Squalo, sull’omonimo arenile di Olbia. «In caso di intervento, noi abbiamo in dotazione uno stick con ammoniaca e una crema specifica per lenire il dolore post puntura, ma prima di applicarli sulla parte interessata è necessario eliminare il tentacolo della medusa eventualmente rimasto attaccato».

Diverso è nel caso di puntura da tracina, o pesce ragno, che a differenza della medusa, che galleggia beata in acqua ed è spesso ben visibile all’occhio umano, è più subdola, perché si mimetizza sotto la sabbia del mare ed è, dunque, facile calpestarla, ed è più velenosa. «In questo caso, bisogna innanzitutto lavare la parte, in genere il piede, con acqua calda: così facendo si attenua il dolore, perché il veleno iniettato attraverso gli aculei del pesce è termolabile. Dal momento, però, che le spine della tracina potrebbero essere portatrici di batteri, e la ferita prendere infezione, il passo successivo è andare al pronto soccorso».

In questa zona della Sardegna tracine, finora, se ne sono viste poche.

«In compenso», aggiunge Alessio, «abbiamo dovuto intervenire più e più volte per punture di meduse, soprattutto ai danni dei bambini: luglio, da questo punto di vista, è stato terribile». Non c’è giornata al mare, d’estate, che non scatti l’allarme medusa. Quest’anno, poi, pare che nelle acque sarde la presenza di questo animale galleggiante, prevalentemente marino, che in caso di contatto può provocare fastidiose irritazioni e bruciature sulla pelle dell’uomo, sia stata massiccia.

Anche se Benedetto Cristo non è d’accordo. «Personalmente, quest’anno non ho notato differenza rispetto ad altri anni», interviene il biologo marino olbiese. «Ma si sa, ormai sono tutti biologi marini: basta vedere cosa si sta verificando con la storia del granchio blu, a proposito del quale stiamo subendo un vero e proprio bombardamento mediatico». E se lo dice chi biologo marino lo è per davvero, di professione, c’è da crederci. «La stagione della medusa è la primavera, ma è vero che qualcuna in giro l’ho beccata, anche nello scorso fine settimana. Tuttavia, non c’è nulla di anomalo, al netto dei cambiamenti climatici che ci sono e di cui l’uomo è responsabile». Alla fine, basta fare attenzione quando si nuota. «Mai passare dietro la medusa, perché il corpo termina con i tentacoli: meglio superarla davanti, dove c’è l’ombrello, che sarebbe, poi, la testa», consiglia l’esperto.

«La pelagia noctiluca, che è quella più piccola e comune nei nostri mari, è molto urticante, perché i cnidi hanno una freccia uncinata collegata a una vescicola che contiene il veleno, ma questo è termolabile, e a una determinata temperatura perde l’effetto, viene, cioè, denaturato: per questo una volta punti la cosa migliore è cercare acqua calda per fare degli impacchi, naturalmente dopo aver raschiato via i tentacoli», conferma il biologo gallurese. «L’ideale sarebbe spalmare sulla parte urticata una bella pomata al cortisone», aggiunge. Ma c’è pure il “rimedio della nonna”. «Vale a dire farci sopra la pipì, che, oltre a contenere ammoniaca, è calda». Guai, però, a scatenare allarmismi. «Non abbiamo meduse tossiche: ne stanno arrivando dai tropici ma non siamo ai livelli dell’Australia, dove le meduse uccidono perché hanno un veleno talmente urticante da provocare lo choc anafilattico», sottolinea Cristo. «Quanto alla tracine, quelle avvistate rientrano nella norma. Ma attenzione, più grosse sono, più sono velenose, e il veleno è talmente tossico che si deve andare all’ospedale».

Ilenia Giagnoni

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