Ci sono coincidenze che balzano agli occhi analizzando il voto cagliaritano. Una è che dove i problemi della città sono maggiori la forbice tra i voti conquistati da Alessandra Todde e quelli incassati dal sindaco, candidato governatore del centrodestra, è più larga. Succede nella Marina ostaggio della malamovida e del cantiere di via Roma, dove il 60 a 22 (in una sezione) a favore dell’esponente del Campo Largo dice più di mille parole. Accade nei seggi stampacini in zona viale Trieste (23 punti di differenza), in un Castello che si sente abbandonato (55-24), nella Genneruxi intrappolata prima dal cantiere di viale Marconi, poi dalla chiusura di via Galvani, nelle periferie invase dai rifiuti e in perenne attesa di interventi. Paolo Truzzu ha perso persino nel suo seggio, seppure in misura inferiore rispetto ai 19 punti di scarto generale.

Verso le amministrative

Quale eredità lascia, dunque, il primo cittadino ai suoi successori?

Una domanda che ha senso farsi oggi che la città, scollinate le regionali, già guarda verso le amministrative dell’8 e 9 giugno (la data più probabile, ma sarà la neo presidente a stabilirla). In attesa delle dimissioni di Truzzu – che ha 40 giorni di tempo dalla proclamazione degli eletti, ma dovrebbe lasciare entro un mese – gli schieramenti hanno iniziato le grandi manovre per la scelta dei candidati a sindaco già nella fase delle trattative per Villa Devoto. Ma è chiaro che il voto di domenica ha modificato gli scenari sia nel centrodestra che nel centrosinistra.

Centrodestra

Nel centrodestra è evidente che il risultato delle liste, migliore di quello del sindaco, non può essere sufficiente a garantire una conferma alla guida della città. Anzi. Non tanto per la tradizione dell’alternanza, che a Cagliari negli ultimi anni non è stata rispettata (Delogu, Floris e Zedda sono stati eletti per un secondo mandato), quanto perché se è vero che l’elettorato cagliaritano si conferma leggermente destrorso, è altrettanto vero che i cantieri sono un’eredità pesante per chiunque arrivi. Infatti non c’è la fila di aspiranti sindaco. Escluso che il prossimo candidato possa essere di Fratelli d’Italia, che pure è il primo partito della coalizione, chi potrebbe indicare il primo cittadino?

Le ambizioni della Lega

All’indomani dell’investitura di Truzzu alla presidenza della Regione Andrea Crippa, braccio destro di Matteo Salvini, aveva detto che l’indicazione sarebbe spettata alla Lega. Ma con il 3,7% di consensi, un solo consigliere regionale eletto (Alessandro Sorgia, non proprio un leghista doc) e il penultimo posto nelle preferenze della coalizione, oggi è complicato. A meno che non si sommino i voti del Carroccio a quelli del Psd’Az (5,4%) che consentirebbero di raggiungere il 9,1%. A quel punto il candidato più probabile sarebbe Gianni Chessa, che non ha mai nascosto la sua ambizione e potrebbe far valere anche le sue preferenze (oltre 5.600). Ma potrebbero farlo anche i Riformatori, seconda forza della coalizione col 7,1%, che potrebbero schierare il più votato alle regionali, Umberto Ticca, o dare una chance a Giorgio Angius, attuale vicesindaco, rimasto fuori dal Consiglio regionale nonostante le oltre 1.800 preferenze conquistate. Più alte le chance di Alessandra Zedda, ex assessora regionale al Lavoro di Forza Italia da tempo in rotta con il partito, e Edoardo Tocco, presidente del Consiglio comunale, anche lui azzurro della prima ora e in cerca di un premio alla carriera.

Centrosinistra

Il centrosinistra potrebbe avere il vento in poppa ma ci sono alcuni problemi interni da risolvere. L’ex sindaco Massimo Zedda ha annunciato pubblicamente la sua disponibilità a tornare a Palazzo Bacaredda, anche passando per le primarie. E il ritorno dei suoi Progressisti nel Campo Largo dopo il sostegno della prima ora a Renato Soru è stato funzionale al raggiungimento dell’obiettivo della ricandidatura. Ma nulla è scontato, soprattutto in virtù perché il 3% di consensi ottenuti dal simbolo con il suo nome non consentono di fare la voce grossa. Non è un mistero che anche Piero Comandini ambisca al ruolo. Certo, il segretario del Pd sembra destinato a fare il presidente del Consiglio regionale (o l’assessore), ruolo nel quale potrebbe essere insidiato da Giuseppe Meloni, che ha preso più voti di lui. Ma la sua forza elettorale personale (oltre 5.500 preferenze) e la ritrovata leadership dei Dem, tornati a essere il primo partito nell’Isola, potrebbero dargli il diritto di scegliere. Le sue eventuali dimissioni da consigliere regionale, peraltro, aprirebbero le porte dell’Aula a Fabrizio Marcello, primo dei non eletti e vicino a Paolo Fadda, uno che nel Pd conta di nuovo molto.

Vero è che Zedda è ancora considerato un cavallo vincente e che le primarie per Comandini potrebbero essere un’insidia. E se non si facessero?

Di tutto questo si parlerà nelle prossime settimane. La partita cagliaritana, così come quelle per i sindaci di Sassari e Alghero e degli altri comuni dove si voterà, sarà collaterale alle trattative per la formazione della Giunta regionale.

Fabio Manca

© Riproduzione riservata