Furono sottoposte a una campagna di contraccezione forzata, senza il loro consenso né quello delle famiglie.

Per questo 67 donne nate in Groenlandia chiedono oggi un risarcimento allo Stato danese: 300.000 corone, l'equivalente di circa 40.200 euro a testa.

I fatti risalgono al periodo tra gli anni Sessanta e Settanta quando la Danimarca attuò una politica contraccettiva per limitare la natalità nel territorio artico che, sebbene non fosse più una colonia dal 1953, rimaneva sotto il controllo di Copenaghen. Nel mirino, secondo quanto emerso, almeno 4.500 ragazzine e bambine di etnia inuit.

Il piano di Copenaghen era appunto ridurre le nascite nelle popolazioni indigene e risparmiare così nel welfare. 

Una serie di podcast basati sugli archivi nazionali e trasmessi nella primavera del 2022 dalla radio e dalla televisione danese Dr ha rivelato la portata di questa campagna, la «Danish coil campaign», in un momento in cui la Danimarca e la Groenlandia, che ha acquisito lo status di territorio autonomo nel 2009, stanno discutendo sulle loro relazioni passate.

Tra le vittime di quella campagna Naja Lyberth: a 13 anni durante una visita medica di routine a scuola il medico le intimò di presentarsi in ospedale dove le venne applicata la spirale. «Non avevo idea di cosa fosse, perché il medico non mi spiegò niente o chiese il mio permesso», ricorda oggi. «Avevo paura, ma non potevo dirlo ai miei genitori. Non avevo mai neanche dato un bacio a un ragazzo».

Una commissione di inchiesta è stata lanciata lo scorso anno e dovrebbe pubblicare le sue conclusioni nel 2025.

«Non vogliamo aspettare i risultati dell'indagine», ha detto Lyberth, oggi psicologa, che ha avviato la richiesta di risarcimento. «Stiamo invecchiando - ha poi spiegato – le più anziane tra noi, che avevano la spirale negli anni '60, sono nate negli anni '40 e si avvicinano agli 80 anni».

(Unioneonline/D)

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