«Houston, abbiamo un problema». 

Compie 54 anni la storica frase pronunciata dopo l’incidente che rischiò di trasformare in tragedia nell’aprile 1970 la missione dell’Apollo 13. Quella che doveva essere la terza a sbarcare sulla Luna dopo quelle di Apollo 11 e Apollo 12, ma è diventata celebre per il problema che impedì l'allunaggio e rese molto difficile il ritorno a Terra, durante il quale gli astronauti sono rimasti nell'oscurità per otto minuti, tra il tramonto e l'alba della Terra.

Il 13 aprile – precisamente 55 ore, 54 minuti e 53 secondi dopo la partenza dal Kennedy Space Center – un'esplosione nel modulo di servizio danneggiò molti equipaggiamenti, riducendo la disponibilità di energia elettrica e di ossigeno.

I tre astronauti – Jim Lovell, Jack Swigert e Fred Haise – furono costretti a trasferirsi nel Modulo Lunare "Aquarius", utilizzandolo come navicella per il ritorno anziché come mezzo per atterrare sulla Luna.

Sfruttando una traiettoria di rientro libero attorno alla Luna, il modulo volò a una distanza di 254 chilometri dalla superficie della faccia nascosta della Luna, stabilendo così il record, tutt'oggi detenuto, della massima distanza raggiunta da un essere umano dalla Terra: 400 171 km.

La navicella rientrò sulla Terra dopo quattro giorni, il 17 aprile. Il blackout radio durò per 86 secondi più del previsto, uno dei blackout radio più lunghi del programma Apollo.

(Unioneonline)

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