«Abbiamo diritto a una giustizia che, come si legge nelle aule di tribunale, sia 'uguale per tutti'. Per tutti, senza che siano certe Procure a decidere chi sì e chi no»: Marina Berlusconi, con un intervento a sua firma sulle pagine del Giornale, interviene nel dibattito sulla riforma della giustizia e porta la sua "testimonianza" e una «denuncia, innanzitutto come figlia».

«La persecuzione di cui mio padre è stato vittima, e che non ha il pudore di fermarsi nemmeno davanti alla sua scomparsa - scrive -, credo contenga in sé molte delle patologie e delle aberrazioni da cui la nostra giustizia è afflitta».

Il riferimento è all’inchiesta della Procura di Firenze sulle stragi del 1993-94 e sui suoi mandanti occulti: nel registro degli indagati c’era anche il padre poco tempo fa, ora è rimasto Marcello Dell’Utri, nei giorni scorsi oggetto di una perquisizione. L’ex manager di Publitalia sarà interrogato il 18 luglio dai pm che indagano sulle stragi di Milano, Firenze e Roma e sull’attentato non riuscito allo stadio Olimpico. 

«La Procura – scrive Marina – ha aspettato giusto un mese dalla scomparsa per riprendere imperterrita la caccia a Berlusconi con l’accusa più delirante, quella di mafiosità. Siamo incastrati in un gioco assurdo, che ci costringe a un eterno ritorno alla casella di partenza. È una sensazione sconfortante, perché sembra che ogni ipotesi di riforma diventi motivo di scontro frontale, a prescindere dai suoi contenuti. Sia ben chiaro, spetta solo a politica e istituzioni, nel rispetto del dettato costituzionale, affrontare problemi gravi come questo. Sento però la necessità di portare una testimonianza, e una denuncia, innanzitutto come figlia».

Ancora: «L'avviso di garanzia serve così solo a garantire che l'indagato venga subito messo alla gogna: seguiranno le canoniche intercettazioni, anche le più lontane dal tema dell'inchiesta. Ma tutto serve a costruire la condanna mediatica, quella che sta loro davvero a cuore, prima ancora che il teorema dell'accusa venga vagliato da un giudice terzo. Un meccanismo diabolico, questa tenaglia pm-giornalisti complici che rovina la vita ai diretti interessati ma anche condiziona, e nel caso di mio padre si è visto quanto, la vita democratica del Paese, avvelena il clima, calpesta i più sacri principi costituzionali. È un fine pena mai. Nemmeno con la morte».

«Ci sono ancora pm e giornalisti che insistono nella tesi, assurda, illogica, molto più che infamante, secondo cui mio padre sarebbe il mandante delle stragi mafiose del 1993-94. È qualcosa di talmente enorme che fatico perfino a scriverlo», scrive ancora Marina Berlusconi.

(Unioneonline/L)

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