Sono le 17.03 del 4 maggio 1949: l’aereo Fiat G.212 della compagnia Ali si schianta sulle colline torinesi, contro il muraglione del terrapieno posteriore della basilica di Superga, causando la morte di tutti i giocatori del Grande Torino.

Il velivolo stava riportando la squadra a casa da Lisbona, dove si era disputata un’amichevole contro il Benfica organizzata per aiutare il capitano dei portoghesi Francisco Ferreira, che era in difficoltà economiche.

Nessun sopravvissuto, 31 i morti: oltre alla squadra granata, vincitrice di cinque scudetti di fila fino al ‘48-’49, morirono dirigenti, accompagnatori, equipaggio e tre giornalisti sportivi. Parliamo di Renato Casalbore, fondatore di Tuttosport, Luigi Cavallero de La Nuova Stampa e Renato Rosatti della Gazzetta del Popolo, padre di Giorgio.

A identificare le salme fu l’ex ct azzurro Vittorio Pozzo, che aveva portato quasi tutti i giocatori del Grande Torino in Nazionale.

La squadra del Grande Torino (foto Wikipedia)
La squadra del Grande Torino (foto Wikipedia)
La squadra del Grande Torino (foto Wikipedia)

Il Torino fu comunque proclamato campione d’Italia su delibera federale, era capolista fino alla strage e mancavano quattro giornate alla fine del campionato, ancora non c’era la certezza matematica. Il giorno dei funerali, 6 maggio, più di mezzo milione di persone scese in piazza a Torino per dare l’addio ai giocatori.

La vicenda scioccò l’intero mondo del calcio, tanto che la Nazionale l’anno successivo partì in nave per i Mondiali in Brasile.

A provocare la tragedia fu la scarsa visibilità dovuta alla forte pioggia 

I resti dell'aereo, tra cui un'elica, uno pneumatico e pezzi sparsi della fusoliera, ma anche le valigie di Mazzola, Maroso ed Erbstein, sono conservati nel Museo del Grande Torino.

(Unioneonline/L)

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