Il sindaco Gualtiero Mameli ricorda gli anni in cui "d'estate, al Corso, dovevi letteralmente farti spazio tra la folla". Era l'epoca d'oro del turismo dell'aria buona di montagna, quando ad Aritzo arrivavano ancora intere famiglie di villeggianti perlopiù da Cagliari, alle quali, "a partire dalla metà degli Ottanta", si aggiunsero i pensionati degli enti pubblici. Tempi andati, numeri svaniti già negli anni Novanta, poi la crisi economica ha fatto il resto. Sono sopravvissuti tre alberghi su cinque, 200 posti letto in tutto. "Un tempo qui c'era turismo di massa - puntualizza il sindaco -. Oggi stiamo lavorando sodo per allargare l'offerta e possiamo dire che grazie ai visitatori stranieri sta arrivando qualche risultato".

LA RIPRESA - Aritzo come gli altri centri montani della Sardegna, dalla Barbagia alla Gallura, dal Montiferru all'Ogliastra. Tramontata la moda della villeggiatura corroborante, molti alberghi sono stati chiusi (compresi quelli che l'Esit costruì nei '60) e altri hanno resistito in attesa di tempi migliori. "Oggi teniamo aperto grazie agli stranieri, l'ottanta per cento dei nostri ospiti", dice Ninni Paba, proprietario di Sa Muvara di Aritzo, albergo di lusso circondato dai boschi di castagni. È quel che dice anche Dario Giovanetti dall'Hotel Su Lithu di Bitti: "Tedeschi, svizzeri, francesi perlopiù, ma anche statunitensi e giapponesi. I più numerosi hanno un'età dai 45 anni in su, ma ci sono anche le famiglie con bambini molto piccoli. Viaggiano con l'auto e arrivano in Sardegna per scoprirne il territorio, la cultura, l'enogastronomia".

IL MERCATO - È un turismo del paesaggio, avvisa Paolo Manca, presidente di Federalberghi. "In Sardegna non esiste un modello di villeggiatura in montagna come ad esempio quello del Trentino. Lì c'è la doppia stagione: d'inverno si scia, d'estate si cammina". E lasciando da parte il problema dell'assenza di piste sciistiche, il fatto è che, aggiunge Manca, "qui, per una questione di clima e di orografia, non si può certo pensare di fare escursioni tutto il giorno, come invece nei centri alpini dove si hanno temperature di 23, 24 gradi". In Sardegna il turista che non cerca il mare "vuole conoscere i territori dell'interno, vuole rilassarsi in campagna, visitare i centri storici e i siti archeologici, apprezzare storia e tradizioni".

Il profilo coincide con quello delineato da tutti gli operatori dell'accoglienza: i clienti sono stranieri, perlopiù ultraquarantenni, cultura medio-alta, forte potenziale di spesa.

IL FUTURO - Un mercato, quello del turismo montano made in Sardinia, "con un incredibile potenziale di crescita". Ma, attenzione, puntualizza il presidente di Federalberghi, "questo non è il segmento degli agriturismo che offrono un modello di vacanza con vita nell'agro. Quella cercata dal turista straniero che vuole conoscere il territorio è un altro livello di esperienza e, oggi, nell'Isola sono 25, 30 le strutture che puntano su questo segmento". Il modello è Su Gologone di Oliena, "che nel paese tiene in piedi la filiera dell'accoglienza". Lì vicino c'è anche Dorgali col suo Supramonte amatissimo dai vacanzieri sportivi. Con gli hotel montani di Aritzo e Fonni, Paolo Manca elenca anche "i country resort in Gallura, ad Alghero, qualcuno nell'Oristanese".

I SERVIZI - È il paesaggio lontano dal mare, quello cercato da un numero sempre crescente di turisti. E gli imprenditori dei centri montani si stanno adeguando. Così gli alberghi garantiscono più servizi e comodità, piscina e centro massaggi, escursioni e tour guidati, lezioni di cucina tipica e visite in vigna. "È la carta vincente di chi vuole fare accoglienza qui", dice Dario Giovanetti.

La sua famiglia gestisce dal '73 diverse strutture a San Teodoro, "e quando abbiamo aperto a Bitti, nel 1999, tutti ci dicevano: siete folli. È stata dura, non lo nego, ma oggi va meglio. Anzi, ci sono margini di crescita molto ampi".

LA RETE - È la strada da seguire, avverte il sindaco di Fonni Daniela Falconi. I modelli, puntualizza, "sono Oliena e Dorgali. Il turista può fare un'escursione nelle ore più fresche della giornata, poi rilassarsi davanti alla piscina in albergo, degustare piatti tipici, visitare il centro storico e i musei". Oggi, dice, "il visitatore arriva e spesso non trova neanche un cartello che gli indichi il percorso per un sito archeologico. Quel che manca è una rete territoriale di servizi e infrastrutture e dobbiamo impegnarci per farla".

Piera Serusi

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